Marangoni Ferentino, 55 esuberi. Il ministero frena
Ancora incerte le prospettive della multinazionale. Cisl: ma si danno incentivi per non tagliare
TRENTO Tavolo al ministero dello Sviluppo economico ieri per parlare del futuro della Marangoni, dopo l’annuncio della partership con i brasiliani di Vipal. Ma mentre sui dettagli dell’operazione l’azienda di Rovereto non si sbilancia, si apre la questione Ferentino. Marangoni infatti ha annunciato l’apertura di una procedura di riduzione di personale nella sede in provincia di Frosinone per 55 unità su 121 totali. Il ministero però ha chiesto con forza di ritirare i licenziamenti: in cambio c’è la disponibilità di dare incentivi. La mobilità allora è stata sospesa: ci si aggiornerà fra tre settimane, ma intanto Ivana Dal Forno, segretario della Femca Cisl trentina, sbotta: «L’azienda è seduta su un vulcano e nemmeno al ministero siamo riusciti a sapere qualcosa sui piani brasiliani».
Nel bilancio 2017 Marangoni (che a Rovereto ha 211 dipendenti) ha inserito una serie di svalutazioni, che hanno comportato una perdita a livello consolidato di 22,3 milioni di euro, dopo quella di 8,7 dell’anno precedente. Il valore della produzione consolidato passa dai 239 milioni del 2016 ai 207 del 2017, mentre migliora la posizione finanziaria netta, con un valore che passa dai 117 milioni del 2016 ai 97 del 2017. In questo passaggio il patrimonio netto consolidato è diminuito da 72,9 a 44,3 milioni di euro. «I revisori hanno espresso incertezza sul presupposto di continuità aziendale — riprende Dal Forno — vorremmo sapere se i progetti con Vipal daranno una risposta».
Ieri a Roma c’erano molte personalità: il presidente della multinazionale, Vittorio Marangoni, l’assessore trentino Achille Spinelli, il direttore di Confindustria Trento Roberto Busato con il funzionario Marsonet, il ministro trentino M5s Riccardo Fraccaro, il consigliere Filippo Degasperi, il vicecapo di gabinetto Sorial i sindacati e i rappresentanti della Regione Lazio.
La sindacalista si stupisce che il tavolo di ieri, chiesto da M5s e Cobas, per capire se su Marangoni siano stati spesi inutilmente soldi pubblici (il riferimento è al leaseback provinciale per oltre 40 milioni di euro), abbia di fatto preso una direzione diametralmente opposta. «Si chiedeva conto dei soldi pubblici e il ministero, in caso di stop ai licenziamenti, ne ha promessi degli altri» chiude Dal Forno.