CONTRO L’ODIO RAZZIALE USIAMO LA CULTURA
Credo che pochi rammentino quanto la grande attrice Marlène Dietrich fosse profondamente antinazista. Un giorno un simpatizzante di Hitler le sputò in faccia. Senza batter ciglio, lei prese un fazzoletto, si pulì la guancia e lo lasciò poi cadere a terra nella massima indifferenza.
Forse è questo l’atteggiamento che dovremo tenere tutti anche di fronte all’ennesimo stupido e volgare episodio di antisemitismo, consumatosi, come sempre più spesso accade, dentro l’informe mondo delle tifoserie calcistiche.
Non si tratta affatto di minimizzare e ridurre l’antisemitismo a un fenomeno da baraccone, ma di non favorire nessun tipo di clima capace di stimolare l’esaltazione di simili gesti, davanti alle platee del risorgente razzismo di stampo sovranista.
Il vile agire di coloro che si reputano forti stando in gruppo, insultando e offendendo appartenenze diverse dalla propria merita solo disprezzo, silenzio e oblio. Enfatizzare infatti i comportamenti violenti, come spesso accade attraverso mass media e «social», significa solo fomentare altri deliri; spingere all’emulazione continua; rendere un certo agire quasi veicolo di prestigio sociale, allargando, in tal modo e e ancor più la platea dei possibili seguaci di tanta scemenza.
C’è un vecchio detto popolare viennese il quale afferma che talune cose non bisogna nemmeno ignorarle, perché già ignorandole significa dar loro un credito. Ecco, questa è forse la strada da intraprendere, avvicinandoci al doloroso appuntamento con il «Giorno della Memoria».
Senza dubbio l’antisemitismo è nuovamente in risorgenza un po’ ovunque in Europa e non solo nei nostri stadi e nelle nostre periferie, ma anche nelle discussioni accademiche, nei modi di certa politica, nelle espressioni propagandistiche di quanti debbono, per forza, trovare un nemico al quale addossare la responsabilità di ogni sofferenza singola o collettiva, sia essa materiale o immateriale. È questo risorgere di idee, linguaggi e comportamenti che va affrontato con gli strumenti della cultura, nella consapevolezza però che il «muro» morale, che ha fin qui emarginato ogni barbarie razzista, xenofoba e antisemita, è caduto irrimediabilmente sotto i colpi del «politically correct» che ha sdoganato alcuni estremismi; del disinteresse delle classi dirigenti e intellettuali; del globalismo magmatico e della tecnologia assunta a ruolo di taumaturgia onnipotente anziché a quello di semplice strumento.
I valori fondanti della civiltà e della democrazia sono sempre più respinti dalle culture del «governo etico»; delle «sicurezze ad ogni costo»; del dominio del profitto sull’individuo e tutto viene progressivamente relativizzato, a cominciare da quel Male assoluto che è Auschwitz, perché esso rappresenta tutti gli efferati stermini dei quali si è macchiata l’umanità: dalla tratta degli schiavi al genocidio dei nativi americani; dai roghi inquisitoriali ai gulag stalinisti.
Ciò che oggi è pericoloso insomma è il veicolo sul quale viaggia l’antisemitismo e i linguaggi del neorazzismo, cioè l’universo incontrollato e incontrollabile del web, dei «social» e di tutto quanto consente di coltivare anonimamente la pianta malata dell’odio e dell’intolleranza. Si tratta di un universo che costruisce troppe verità di comodo, parziali, ricche di simiglianze e prive delle fondamentali caratteristiche del vero; verità, infine, ottime per imbonire platee sempre più vaste di beoti ascoltatori, subito pronti a trasformarsi in massa zelante di custodi delle purezze razziali e della «civiltà bianca».
Si tratta di canovacci già visti, in questo Paese, ottant’anni fa, quando, improvvisamente, gli italiani da popolo di indifferenti si trasformaro- no in folla di complici, pur di partecipare all’emarginazione di quel supposto spettro ebraico che si aggirava nelle pieghe della Nazione, in attesa di vederlo deportato verso la distruzione.
Ecco perché non servono tanto le indignazioni momentanee, quanto piuttosto il ripetere continuo di quanto sempre più evidente sia il rischio del ripresentarsi di quell’orrore che già ha sconvolto il mondo, senza stancarsi mai di ricordare e raccontare, perché solo una coscienza larga e diffusa può costituirsi in argine insormontabile all’ondata di nero fango che sta lambendo le nostre vite.
Paura L’antisemitismo non è solo negli stadi ma anche tra di noi
* Autore teatrale, presidente Club Armonia