Gori: «Reddito cittadinanza, rischio collasso»
L’inventore del Rei vede luci e ombre. La teoria di Wray per la piena occupazione
TRENTO Entro giovedì, ha annunciato ieri il vicepremier Luigi Di Maio, sarà approvato il decreto attuativo del reddito di cittadinanza in Consiglio dei ministri. Rimangono però ancora molti dubbi sull’effettiva portata della misura. Sarà puro assistenzialismo oppure sarà davvero una politica di sostegno al lavoro? Se ne è discusso ieri al Dipartimento di Economia nel seminario «Reddito di cittadinanza: welfare o workfare?».
L’ospite del giorno era Randall Wray, professore di Economia al Levy economics institute of Bard college di New York. L’economista, tra i principali autori della «Modern Monetary Theory», ha presentato la sua proposta per sostenere la piena occupazione negli Usa. Il piano, che va oltre tanto le politiche di welfare che quelle di workfare (o welfare to work), prevede lo Stato come datore di lavoro di ultima istanza, a cui spetta il compito di coinvolgere disoccupati o sottopagati in attività lavorative di pubblica utilità, retribuite con un salario minimo di 15 dollari a ora. Secondo le stime del professore, in otto anni il programma riuscirebbe a coinvolgere una platea di 15 milioni di persone. Se però la proposta di Wray è apparsa quantomeno difficile da realizzare negli Stati uniti, è invece praticamente impossibile da attuare in Europa.
In realtà in Italia, e in particolare in Trentino, un programma di lavoro garantito, seppur in misura notevolmente ridotta, già esiste. Si tratta del cosiddetto «Progettone», che prevede per l’appunto un impiego pubblico per quelle persone che si trovano a ridosso dell’età pensionabile. A parlarne con orgoglio, durante la sessione pomeridiana, è stato il segretario della Cgil Franco Ianeselli, che si è detto invece dispiaciuto della decisione del presidente Fugatti di adottare integralmente il reddito di cittadinanza in Trentino. «È una sconfitta per un’idea di autogoverno — ha sostenuto il segretario a margine dell’incontro — Lo sanno anche i sassi che il Rdc così come costruito rischia di produrre assistenzialismo. Se verranno risparmiate delle risorse, che si investano sui servizi che attivano le persone, come i servizi sociali e i centri per l’impiego. Questo potrebbe realizzare realmente una politica di workfare». Dello stesso avviso è stato anche Cristiano Gori, l’ideatore della misura del reddito di inclusione sociale (Rei) adottata dal governo Gentiloni. Il professore, dopo
Randall Wray (1953) insegna Economia al Levy economics institute of Bard college di New York.
L’economista americano è tra i principali autori della «Modern Monetary Theory». aver apprezzato alcuni aspetti del reddito di cittadinanza, come l’estensione dei criteri economici di accesso e il carattere universale conservatogli, ha sottolineato alcuni punti di ambiguità al limite del paradosso. «Potrebbe essere una misura che determina da una parte un netto miglioramento della capacità distributiva del welfare e dall’altra contrastare le moderne politiche di contrasto alla povertà — ha affermato Gori — Il Rei aveva una visione multidimensionale della povertà, mentre il Rdc guarda soltanto al lavoro e quindi al singolo individuo e non più al nucleo familiare. Inoltre non poter più fare la domanda al Comune, ma al Caf o alle Poste, oltre a marginalizzare il ruolo dei Comuni a vantaggio del decisore centrale, potrebbe portare il sistema al collasso».
Ianeselli Eliminare la misura trentina è una sconfitta per l’idea di autogoverno