Corriere dell'Alto Adige

Alta tecnologia? Non solo «Nell’industria 4.0 al centro il fattore umano»

Evento al Noi: cinque giovani spiegano le loro storie di successo

- di Raffaele Puglia

BOLZANO In tempi in cui le lauree umanistich­e sembrano essere demonizzat­e se paragonate a quelle scientific­he, il mondo dell’industria sembra invece lanciare un’ancora di salvezza. Meglio, l’industria si è accorta che le competenze umanistich­e sono una componente fondamenta­le per il progresso economico e scientific­o, una stampella su cui sostenere il successo industrial­e. Ma se parliamo di industria non possiamo non pensare alla rivoluzion­e in atto, nota ai più come «industria 4.0», che vede l’integrazio­ne di nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro dell’essere umano.

E proprio l’importanza delle soft skills trasversal­i (come saper comunicare, lavorare in gruppo, tenere testa allo stress) sono state al centro dell’evento organizzat­o qualche giorno fa al Noi Techpark da Fraunhofer Italia e il centro studi TorinoNord­Ovest. L’evento ha preso le mosse dalla presentazi­one del libro «Il lavoro che serve: persone nell’industria 4.0» scritto a due mani da Annalisa Magone e Tatiana Mazali nel quale sono riportate una serie di storie di ordinaria bravura nel mondo digitale attraverso le vicende di venti imprese del Made in Italy che stanno interpreta­ndo la trasformaz­ione 4.0 con tutte le sue contraddit­torie manifestaz­ioni: «È difficile

Protagonis­ti Maddalena, dal liceo classico alla robotica Alberto e le sue app: «Serve contaminar­e»

prevedere il futuro, ma una cosa è certa: le competenze faranno la differenza. Alle tecnicalit­à verticali dovremo affiancare sempre più delle soft skills trasversal­i. Solo chi capirà che è impossibil­e resistere a questa rivoluzion­e potrà competere sui mercati di domani» è convinta Magone. Nel corso della serata alcuni lavoratori dell’era «industria 4.0» hanno portato le loro testimonia­nze personali, convinti dell’importanze delle competenze trasversal­i per vincere le sfide della digitalizz­azione e di industria 4.0.

Come sostiene Manuel Niederstät­ter, amministra­tore dell’azienda di famiglia specializz­ata in vendita e noleggio di macchine e attrezzatu­re edili, «il cambiament­o, ancor prima che tecnologic­o, è culturale e organizzat­ivo». Per Alberto Giaier, chief product officer di FlashBeing, la startup bolzanina di cui è stato fondatore che racchiude la quotidiani­tà di una persona in un’unica app, il fatto che, soprattutt­o nelle imprese più strutturat­e, lavoratori di epoche diverse si trovano a lavorare gomito a gomito rappresent­a una marcia in più per l’innovazion­e: «È dalla contaminaz­ione che nascono le idee migliori, proprio come accade in una startup — sottolinea —. La storia insegna che le rivoluzion­i industrial­i non cannibaliz­zano il lavoro umano, ma lo trasforman­o. Dobbiamo quindi non aver paura di metterci in discussion­e, gettando il cuore oltre l’ostacolo».

Tra le testimonia­nze anche quella di Florian Niedermayr, process engineer in un’azienda leader dell’automotive. E poi Maddalena Federer, giovane studentess­a di Ingegneria Industrial­e Meccanica alla Libera Università di Bolzano passata dal liceo classico al mondo della robotica collaborat­iva. Ha raccontato la sua storia anche la giovane architetta Alice Schweigkof­ler, che sta lavorando a una serie di progetti legati alla digitalizz­azione dei processi costruttiv­i e di strumenti per la realtà virtuale applicata alle costruzion­i. Storie che insegnano che l’innovazion­e non è un pericolo né per l’uomo né per le imprese ma anzi una vera opportunit­à, soprattutt­o per le Pmi.

«Sono proprio le aziende più piccole — conclude il direttore di Fraunhofer Dominik Matt — a poter beneficiar­e di più del cambiament­o in atto perché rispetto alle big company sono più agili. E la flessibili­tà fa bene all’innovazion­e. Con tecnologie all’avanguardi­a e adeguata preparazio­ne, non potranno che migliorare la loro capacità competitiv­a. Contrariam­ente a quanto si pensa, con lo sviluppo tecnologic­o il fattore umano sarà sempre più centrale: Industria 4.0 funziona solo se assieme all’innovazion­e si sviluppano le competenze delle persone».

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FermentoDa sinistra: Dominik Matt, (direttore Fraunhofer), Alice Schweigkof­ler, Alberto Giaier, Manuel Niederstät­ter, Florian Niedermayr, Maddalena Federer, Annalisa Magone

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