Alta tecnologia? Non solo «Nell’industria 4.0 al centro il fattore umano»
Evento al Noi: cinque giovani spiegano le loro storie di successo
BOLZANO In tempi in cui le lauree umanistiche sembrano essere demonizzate se paragonate a quelle scientifiche, il mondo dell’industria sembra invece lanciare un’ancora di salvezza. Meglio, l’industria si è accorta che le competenze umanistiche sono una componente fondamentale per il progresso economico e scientifico, una stampella su cui sostenere il successo industriale. Ma se parliamo di industria non possiamo non pensare alla rivoluzione in atto, nota ai più come «industria 4.0», che vede l’integrazione di nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro dell’essere umano.
E proprio l’importanza delle soft skills trasversali (come saper comunicare, lavorare in gruppo, tenere testa allo stress) sono state al centro dell’evento organizzato qualche giorno fa al Noi Techpark da Fraunhofer Italia e il centro studi TorinoNordOvest. L’evento ha preso le mosse dalla presentazione del libro «Il lavoro che serve: persone nell’industria 4.0» scritto a due mani da Annalisa Magone e Tatiana Mazali nel quale sono riportate una serie di storie di ordinaria bravura nel mondo digitale attraverso le vicende di venti imprese del Made in Italy che stanno interpretando la trasformazione 4.0 con tutte le sue contraddittorie manifestazioni: «È difficile
Protagonisti Maddalena, dal liceo classico alla robotica Alberto e le sue app: «Serve contaminare»
prevedere il futuro, ma una cosa è certa: le competenze faranno la differenza. Alle tecnicalità verticali dovremo affiancare sempre più delle soft skills trasversali. Solo chi capirà che è impossibile resistere a questa rivoluzione potrà competere sui mercati di domani» è convinta Magone. Nel corso della serata alcuni lavoratori dell’era «industria 4.0» hanno portato le loro testimonianze personali, convinti dell’importanze delle competenze trasversali per vincere le sfide della digitalizzazione e di industria 4.0.
Come sostiene Manuel Niederstätter, amministratore dell’azienda di famiglia specializzata in vendita e noleggio di macchine e attrezzature edili, «il cambiamento, ancor prima che tecnologico, è culturale e organizzativo». Per Alberto Giaier, chief product officer di FlashBeing, la startup bolzanina di cui è stato fondatore che racchiude la quotidianità di una persona in un’unica app, il fatto che, soprattutto nelle imprese più strutturate, lavoratori di epoche diverse si trovano a lavorare gomito a gomito rappresenta una marcia in più per l’innovazione: «È dalla contaminazione che nascono le idee migliori, proprio come accade in una startup — sottolinea —. La storia insegna che le rivoluzioni industriali non cannibalizzano il lavoro umano, ma lo trasformano. Dobbiamo quindi non aver paura di metterci in discussione, gettando il cuore oltre l’ostacolo».
Tra le testimonianze anche quella di Florian Niedermayr, process engineer in un’azienda leader dell’automotive. E poi Maddalena Federer, giovane studentessa di Ingegneria Industriale Meccanica alla Libera Università di Bolzano passata dal liceo classico al mondo della robotica collaborativa. Ha raccontato la sua storia anche la giovane architetta Alice Schweigkofler, che sta lavorando a una serie di progetti legati alla digitalizzazione dei processi costruttivi e di strumenti per la realtà virtuale applicata alle costruzioni. Storie che insegnano che l’innovazione non è un pericolo né per l’uomo né per le imprese ma anzi una vera opportunità, soprattutto per le Pmi.
«Sono proprio le aziende più piccole — conclude il direttore di Fraunhofer Dominik Matt — a poter beneficiare di più del cambiamento in atto perché rispetto alle big company sono più agili. E la flessibilità fa bene all’innovazione. Con tecnologie all’avanguardia e adeguata preparazione, non potranno che migliorare la loro capacità competitiva. Contrariamente a quanto si pensa, con lo sviluppo tecnologico il fattore umano sarà sempre più centrale: Industria 4.0 funziona solo se assieme all’innovazione si sviluppano le competenze delle persone».