Don Ciotti avverte «Violenza, spirale da fermare subito»
L’ospite del De’ Medici
BOLZANO «Io non sono don Luigi Ciotti». Inizia così, spiazzante e spazzino di ogni retorica, l’intervento del padre dell’associazione «Libera» nell’aula magna dell’Istituto De’ Medici di Bolzano. Un incastro di destini ha voluto che la sua visita coincidesse con il grave fatto di bullismo accaduto qualche scala sopra la sala conferenze nella stessa scuola. La violenza che alimenta questa prevaricazione non è parente distante di quella che alimenta la mafia. Mafia che è prepotenza e connivenza. Il silenzio di chi guarda e non dice nulla non è poi tanto diverso dal silenzio di chi osserva, ride, incita e riprende un pestaggio. C’è sempre un «noi» da considerare prima dell’«io» ed è alla chiusura di questo cerchio che si ritrova la frase iniziale di Don Ciotti.
«Io non sono don Luigi Ciotti semplicemente perché non rappresento un qualcosa di personale. Sono solo una parte di un noi più grande, di un gruppo che ha costruito qualcosa e continua a farlo. Quando trovate qualcuno che parla come se conoscesse tutto lui, salutatemelo e cambiate strada. Collaborazione e cooperazione fanno la differenza».
Il recente episodio di bullismo è un convitato di pietra che porta Don Ciotti ad una riflessione. «Non conosco il singolo episodio nel dettaglio, ma sbagliamo a concentrarci solo sui giovani. Stiamo assistendo ad una generazione verbale di parole e volgarità su cui dobbiamo riflettere. Attenzione, perché la violenza verbale si trasforma anche in violenza fisica. Noi abbiamo la responsabilità di fermare questa degenerazione». Difficile quando l’onda da contrastare è quella dei social. «Lì dentro si trova tutto e il contrario di tutto. Non dobbiamo criminalizzare gli strumenti ma l’uso che ne facciamo. Le parole sono responsabilità e azione. Forse dovremmo fare una bonifica di alcune parole e una dieta di linguaggio. Fermiamoci e interroghiamoci su questa violenza che stiamo alimentando. Persino individui autorevoli utilizzano linguaggi che non aiutano: loro hanno una grande responsabilità verso i più piccoli. Questo viene molto prima delle politiche necessarie per andare incontro ai giovani: come cittadini dobbiamo essere più responsabili».
Fuori dai social, comunque, c’è un mondo da vivere e relazioni da conoscere prima di poterle commentare. «Vivere con gli ultimi mi ha cambiato la vita — continua don Ciotti — perché permette di osservare il mondo da molte angolazioni. Porsi domande. Cerchiamo spesso di apparire come individui con più conoscenza ma ciò che rende veramente grande un individuo non è solo quello che sa, ma soprattutto ciò che chiede. Abbiate dubbi e coltivateli con rispetto».
Toccante, infine, il ricordo che don Ciotti ha riservato a don Giancarlo Bertagnolli, padre dell’associazione La Strada – Der Weg. «Ricordo quando andò dal vescovo Joseph Gargitter a chiedere più libertà per seguire questo impegno sociale. Furono momenti bellissimi quando inaugurammo al liceo Rainerum il percorso de La Strada. Lui non c’è più, ma io lo sento ancora tra noi. La sua testimonianza e ciò che ha passato ad altri lo rende ancora vivo. Teniamo vivo ciò che ci ha insegnato e portiamolo avanti».
Il fondatore di Libera «Non conosco l’episodio, ma solo con l’impegno di tutti si ottengono risultati»