CONCILIARE FAMIGLIA E LAVORO
Se si affidassero meno all’ideologia e più ai dati statistici, i difensori della famiglia, otterrebbero sicuramente maggiori successi nella loro battaglia. L’ennesima conferma arriva da un’indagine che Opinium Research, società di consulenza e ricerca di mercato, ha svolto per conto di Linkedin, il social network che favorisce l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Emerge così che il 36 per cento degli intervistati vorrebbe cambiare occupazione per avere più tempo da passare con i propri cari. Più di uno su tre, quindi.
Dietro a una simile aspirazione, c’è una realtà in cui è faticoso conciliare l’attività professionale con gli impegni personali: i guai e gli ostacoli dentro le mura domestiche, perciò, nascono in buona parte in azienda o in fabbrica. Non è solo una questione di tempo disponibile, peraltro. Le esperienze dei Paesi scandinavi, ad esempio, mostrano la stretta relazione esistente tra il tasso di occupazione femminile e il tasso di natalità: contrariamente ai pregiudizi ancora oggi resistenti, con l’aumentare del primo indice cresce anche il secondo. L’idea che non si facciano figli per una scelta egoistica dettata dall’indisponibilità a qualche rinuncia è fuorviante: per troppi, oggi, la prole è un peso difficilmente sostenibile. Servono due stipendi, purché uno non sia assorbito dalle spese per asili nido, baby sitter e via dicendo. Ancora una volta i numeri sono rivelatori.
Il record, per quanto possa sembrare strano a chi immagina che unicamente il Meridione sia pieno di bambini, si registra da tempo alla nostra latitudine. Anche l’ultima classifica di Urbistat vede infatti al primo posto il Trentino-Alto Adige/Südtirol con un indice di 9,2 seguito dalla Campania (8,6) e dalla Sicilia (8,2); sopra la media nazionale (7,6), al quinto posto c’è la Lombardia; poco sotto il Veneto con 7,5 e l’Emilia-Romagna con 7,4. Va osservato che in regione l’ampia rete di servizi e la diffusione delle Tagesmutter sono un fattore decisivo.
L’analisi svolta per conto di Linkedin, poi, ci dice che molto potrebbe essere fatto pure modificando i modelli organizzativi, nel settore pubblico come in quello privato. Pensiamo quali vantaggi potrebbero derivare da un maggior ricorso al telelavoro (che regala al dipendente le ore perse per andare da casa in ufficio), al part time o alla flessibilità degli orari, e capiremo quanto a volte si potrebbe ottenere con poco sforzo e un po’ di fantasia. Non è un caso che Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna siano tra le regioni più prolifiche: perché non solo insieme rappresentano il motore economico del Paese, ma sono anche le aree dove risultano più avanzati i traguardi del welfare aziendale e delle sperimentazioni sulle regole contrattuali.
La minaccia alla famiglia, insomma, non viene dai Gay Pride o dalla teoria gender, bensì da una società poco attenta alle reali esigenze dei genitori e dei loro pargoli. E se certe azioni richiedono investimenti da parte dello Stato e delle amministrazioni locali, per altre basterebbe solo un po’ di buona volontà.