Corriere dell'Alto Adige

«Segnalazio­ne anonima, il paese è sotto choc»

- Di Dafne Roat

TRENTO Sono tutti sotto choc nel paese di Scurelle dopo il ritrovamen­to in un vecchio capannone di 27 bare e resti umani di altrettant­e persone. «L’area è molto isolata e non lambisce il paese» spiega il sindaco Fulvio Ropelato che mercoledì è stato tra i primi ad accorrere sul posto dopo l’allarme lanciato dalla polizia locale. «La polizia locale — precisa — è stata allertata da una segnalazio­ne anonima, in paese difficilme­nte potevano accorgersi perché si accede all’area direttamen­te dalla statale. C’è un cancello che resta sempre aperto. Si tratta di un’area di circa 11 ettari che un tempo ospitava la Samin, azienda del gruppo Eni, poi l’area era stata acquisita da una cordata locale ed infine era subentrato un imprendito­re bresciano che ha venduto diversi capannoni. La ristruttur­azione e il recupero della zona industrial­e era iniziato nei primi anni ‘80, ora ci sono alcune aziende che lavorano lì, ma quel capannone, dove sono state trovate le bare era dismesso, al Comune risultava vuoto».

Qualcuno invece aveva deciso di utilizzarl­o per ammassare bare e resti umani. La scoperta è stata fatta dalla polizia locale che ha subito allertato i carabinier­i ora stanno lavorando anche i militari del nucleo operativo ecologico di Trento che sono risaliti al presunto responsabi­le. Un duro colpo per la comunità di Scurelle. «Sono tutti sotto choc — spiega ancora il sindaco — trovarsi una cosa del genere nel proprio comune non è certo una bella cosa. I cittadini sono increduli e sconvolti, d’altronde non è una situazione che vedi tutti i giorni, per fortuna».

I resti umani recuperati nel capannone, posto sotto sequestro, sono stati portati al cimitero e ieri il sindaco ha subito contattato gli uffici del servizio cimiterial­e dei diversi Comuni interessat­i all’inchiesta, da dove provenivan­o le bare ammassate nel capannone di Scurelle. «È un danno enorme per le famiglie — continua Ropelato — , mi hanno detto che sono rimasti tutti molto colpiti perché pensavano che i loro cari dopo la riesumazio­ne venissero trasportat­i all’incenerito­re per la cremazione e non gettati in un capannone per poi essere smaltiti in modo scorretto. È una vicenda che lascia increduli».

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