Lupi, quant’è dura la vita
La «Tana» affronta le sfide imposte dalla natura: «Simili a quelle umane»
Se pensiamo agli animali che popolano le fiabe della nostra infanzia di certo il lupo lo abbiamo incontrato molte volte. Senza scomodare le favole di Fedro ecco le storie di Cappuccetto Rosso, del mitico branco di lupi guidato da Akela nel Libro della Giungla, del coraggioso Zanna Bianca di Jack London, del piccolo Lupetto protagonista del film L’ultimo lupo di Jean Jacques Annaud. In origine il lupo – con cui i cani domestici condividono un progenitore comune – era uno dei mammiferi più diffusi sulla terra, poi per cause diverse, non ultima una certa arroganza dell’uomo, agli inizi del Novecento il lupo comincia ad estinguersi nella nostra penisola e a scomparire dalle Alpi.
In Trentino, la presenza storica del lupo è testimoniata da significativi toponimi (cascata del Lupo, valle della Lovara, busa del Lof, per citarne alcuni) così come da leggende più o meno cruente, storie che fino a una decina di anni fa sembravano lontane, ma che oggi riemergono dai ricordi. Questo affascinante carnivoro dagli occhi magnetici è, infatti, tornato a perlustrare le praterie dell’arco alpino. Gli avvistamenti in prossimità di case si sono fatti di recente più frequenti e pure l’incontro tra uomo e lupo: l’antropizzazione sta invadendo terre prima a loro riservate e occorre dunque conoscenza per generare rispetto nei confronti della Natura. Non vanno trascurati i pericoli bensì messi in sicurezza animali e uomini, perché il lupo è sì un predatore, ma attacca l’uomo solo se vede minacciata la sua prole o preclusa la possibilità di fuga. A richiamare l’attenzione sul Canis lupus Linnaeus contribuisce Anita Anibaldi, scrittrice e pittrice trentina, con La tana del lupo (edizioni Curcu Genovese), un racconto in commercio dallo scorso 5 aprile e che offre diversi spunti di riflessione sulla possibile convivenza con questo animale, la cui socialità ha notevoli aspetti in comune con quella umana.
Nel racconto di Aniboldi non compare però l’intervento dell’uomo perché, spiega l’autrice, «il mio obiettivo non è analizzare la dicotomia uomo-natura, quanto inscenare le difficili relazioni tra le creature selvagge nel teatro della vita». L’idea le è nata nel 2008, quando di lupi in Trentino se ne parlava ancora poco, in occasione di un concorso di narrativa per ragazzi il cui tema
mirava ad aiutare i giovani a superare le difficoltà relazionali in famiglia. «Ho scelto il lupo, meglio una coppia di lupi con cucciolata per i comportamenti similari, sulla base anche di documentazione scientifica, che legano questo canide all’uomo». Anche il titolo, La tana del lupo, vuole evocare il concetto di casa, il luogo nel quale prende vita il progetto di nucleo familiare, proprio del mondo animale e più in generale di quello umano.
Accompagnato da disegni a matita in bianco e nero realizzati dalla stessa autrice, inizia così il lungo viaggio di Lupo Perla, un lupo dal mantello del color della Luna. Dalle selvagge terre calabresi della Sila, passando per l’altopiano marsicano ove incontra Lupa, Perla giunge alla testa del suo branco nelle Alpi orientali. Una storia densa di avvenimenti, d’incontri con altri animali selvatici, di difficoltà nel superare le sfide quotidiane imposte da madre natura, di episodi anche crudeli, di cacce e di generosità materna. «Un racconto sprofondato nella natura, dal taglio realistico, spoglio, crudo sino a toccare il crudele», scrive Renzo Francescotti nell’introduzione al volume e, infatti, obiettivo dell’autrice è mostrare quanto anche per gli animali la vita sia difficile.
«La natura spinge i lupi a usare la violenza per sopravvivere, “costi quello che costi” – sottolinea Anibaldi – ma se un comportamento aggressivo verso i propri simili nell’animale è un fare istintivo, lo stesso non è ammissibile nell’uomo». Tuttavia, le cronache ci dicono che non sempre è così. Il racconto di Anita è dunque un invito a una più sensibile attenzione verso la natura nella sua interezza perché, come aggiunge il naturalista Sergio Abram nella presentazione, «dobbiamo imparare da chi è stato avversato e cacciato per millenni da umani poco o nulla consapevoli, l’importanza di mantenere alto il livello di biodiversità all’interno degli ecosistemi».
Al termine della storia, quando Lupo Perla e il figlio ululano insieme alla luna, in quel richiamo sociale che suscita timore e rispetto quasi reverenziale, si comprende come queste pagine di Aniboldi siano in realtà un omaggio all’intelligenza del lupo «che scaturisce – conclude Abran – dal mettere in pratica esperienze tramandate e verificate da ogni animale nel branco, in un ambiente in cui la parola d’ordine è vivere».
Il mio obiettivo è inscenare le difficili relazioni tra creature che sono selvatiche