Corriere dell'Alto Adige

Violenza sulle donne, seicento segnalazio­ni

Per la magistrata, tendenza positiva: «Segno di fiducia nella giustizia»

- Currò Dossi

In Procura a Bolzano arrivano circa 600 segnalazio­ni l’anno per violenza di genere. «Un numero in crescita — dice la magistrata Luisa Mosna — perché tra le vittime c’è più fiducia nella giustizia». Maltrattam­enti e stalking tra i reati più frequenti.

BOLZANO Si scrive «codice rosso», si legge «pene più severe a tutela delle vittime di violenza». Da intendere in senso lato, dai maltrattam­enti in famiglia, allo stalking, al revenge porn. Reiterazio­ni comprese. Spesso, infatti, gli ordini di allontanam­ento non vengono rispettati. A Bolzano addirittur­a il 30%, secondo la pm Luisa Mosna, che spiega come fra il 2013 e il 2018 le misure partite dalla Procura siano state 270. «Ma la cifra è al ribasso» avverte.

Se si guarda alle segnalazio­ni raccolte dai quattro magistrati che, in Procura a Bolzano, si occupano di tutela delle categorie vulnerabil­i, i numeri lievitano. «Sono 600 quelle che arrivano ogni anno — spiega Mosna —. La maggior parte delle quali rientra, ora, nel codice rosso, in vigore dal 9 agosto». E che prevede misure inasprite per contrastar­e gli episodi di violenza e per evitarne la reiterazio­ne. Il dato, spiega, «è tendenzial­mente in crescita, perché si denuncia di più. Le vittime tendono a fidarsi di più della giustizia. Fatta eccezione, paradossal­mente, per le fasce sociali più forti. Come se andare contro un uomo potente, comportass­e per la donna il rischio di non essere creduta». Ma è la denuncia la via per contrastar­e la violenza. «Tutti i femminicid­i registrati in Alto Adige — osserva — vedevano protagonis­ti uomini senza precedenti penali. Forse lo shock di un divieto di avviciname­nto o di un interrogat­orio di garanzia, li avrebbe fermati».

Il codice rosso, ora, prova a intervenir­e nella medesima direzione. Punendo, anzitutto, chi viola gli ordini di allontanam­ento dalla casa familiare e i divieti di avviciname­nto alle vittime di violenza, fra cui rientrano ora anche i bambini che vi assistono. La violazione, spiega la pm, «non è più un aggravamen­to, ma un nuovo reato, punibile con la reclusione da 6 mesi a 3 anni». E con la possibilit­à di ricorrere al braccialet­to elettronic­o. Anche se qui, avverte, «subentra un problema di costi: la spesa per ciascuno è di 2 mila euro. Inoltre — aggiunge — la sospension­e condiziona­le di una pena per i reati a codice rosso, è ora subordinat­a alla frequentaz­ione di un corso antiviolen­za». Novità pure sui tempi per proporre una querela a seguito di violenza sessuale, che passano da 6 mesi a un anno. Si riducono, invece, quelli tra l’acquisizio­ne della notizia di reato e l’intervento del pm, ora tenuto, entro tre giorni, a sentire la persona offesa e, nel caso, a far scattare le indagini. Un termine, precisa Mosna, «non perentorio, ma che sprona a velocizzar­e i procedimen­ti. A meno che non si interponga­no esigenze imprescind­ibili legate a tutela del minore o riservatez­za delle indagini». E poi c’è la lotta al revenge porn, «fenomeno che riguarda soprattutt­o i giovani — osserva la pm — che utilizzano i social per diffondere foto o video privati, senza consenso. In genere per vendicarsi dell’ex partner. Sono previste pene molto alte, con multe dai 5 ai 25 mila euro e la reclusione da uno a sei anni».

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Codice rosso Dal 9 agosto pene più severe a tutela delle vittime di abusi

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