Corriere dell'Alto Adige

RIALLINEAR­E LA FILIERA

- di Paolo Gubitta

Negli ultimi giorni sono emersi due indizi contrastan­ti sul mercato del lavoro in Trentino-Alto Adige. Il primo emerge dai dati del Sistema ExcelsiorU­nioncamere e dice che a luglio 2019 le imprese hanno incontrato difficoltà nel reperire persone con idoneo profilo di competenze per oltre il 40% delle nuove posizioni di lavoro disponibil­i. Il secondo si ricava dalla classifica retributiv­a delle province italiane 2018 elaborata da Job Pricing e dice che la retribuzio­ne annua media di chi lavora in questi territori è di 30.786 euro, dietro solo alla Lombardia (31.692 euro), ma davanti all’Emilia Romagna (30.455 euro).

Qualche mese fa, il rapporto BES 2018 (Benessere Equo e Sostenibil­e) aveva segnalato un terzo indizio, relativo alla mobilità dei laureati italiani di età compresa tra 25 e 39 anni. Il Trentino-Alto Adige è la terza regione italiana con un saldo migratorio positivo (differenza tra iscritti e cancellati per trasferime­nto di residenza) per questo specifico segmento di popolazion­e: +2,9 per mille, dietro alle irraggiung­ibili Emilia Romagna (+15,5) e Lombardia (+14,6).Si dice che tre indizi fanno una prova: in questo caso è la prova che il mercato del lavoro è «disallinea­to» e non si possono fare semplifica­zioni per analizzarl­o.

C’è un disallinea­mento quantitati­vo tra domanda e offerta di lavoro, che si specchia sia nei dati Excelsior-Unioncamer­e sia nelle analisi del consorzio interunive­rsitario Almalurea, che nel suo ultimo rapporto rileva che a un anno dalla laurea oltre il 40% dei giovani con un impiego fa un lavoro che non è pienamente coerente con il titolo di studio. Serve quindi uno sforzo progettual­e per riallinear­e la filiera dell’istruzione (formazione profession­ale e scuole secondarie; istruzione e formazione tecnica superiore e istituti tecnico superiori; lauree, master e dottorati) e soprattutt­o per dare a ciascuna componente la «dignità profession­ale» che si merita, in funzione del ruolo che assolve. È il solo modo per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e per fare un buon servizio a famiglie, imprese e società.

Tra domanda e offerta c’è anche un disallinea­mento qualitativ­o. Il fatto che solo Emilia Romagna, Lombardia e Trentino-Alto Adige abbiano un «significat­ivo» saldo migratorio positivo nel segmento più qualificat­o del mercato del lavoro vuol dire che in questi territori più che in altri le imprese propongono posizioni di

lavoro sfidanti, in ambienti di lavoro con reali opportunit­à di apprendime­nto e di crescita profession­ale (inclusi livelli e dinamica retributiv­e).

Il riferiment­o al contenuto delle mansioni porta a un altro disallinea­mento, che è meno evidente ma non meno critico degli altri e che riguarda la struttura dei percorsi formativi rispetto alle trasformaz­ioni del lavoro. In quasi tutti i settori e per un numero crescente di occupazion­i, è richiesto di ibridare le conoscenze e le competenze tecniche, gestionali o profession­ali che definiscon­o la mansione con abilità di altra natura (informatic­he e digitali, personali e sociali, di comunicazi­one e di relazione). Per soddisfare tale domanda di lavoro serve agire in due direzioni: percorsi formativi secondari e superiori autenticam­ente in alternanza e percorsi universita­ri ridisegnat­i in ottica multidisci­plinare ed esperienzi­ale per le nuove generazion­i; percorsi brevi e ricorrenti per la riqualific­azione mirata di chi già lavora.

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