Sua Maestà «Ursus»
Dipinti, stampe, oggetti d’arte, foto e giocattoli raccontano una storia epica
Plantigrado, onnivoro, spesso usa le zampe anteriori per compiere una serie di operazioni. È il solo animale che riesca a scendere una scala a pioli rivolto verso il muro, si prende inoltre particolare cura dei piccoli: sin dall’antichità l’orso è considerato l’animale più simile all’uomo, anche se tanti particolari di questa vicinanza a noi oggi sfuggono.
Non c’è solo questo. Molti libri, anche importanti, sono stati scritti sul rapporto tra uomo e orso dal punto di vista culturale. Al centro non pongono però l’animale nel suo essere animale, privilegiando piuttosto le modalità di relazione che l’essere umano ha con lui intessuto nel corso dei secoli. Va detto pure che non esiste nessun altro animale nell’emisfero settentrionale con cui l’uomo abbia stabilito un legame altrettanto intenso dal punto di vista simbolico.
A raccontarci tutto questo è Silvia Spada Pintarelli, curatrice di Ursus - Storie di uomini e di orsi, la mostra visitabile fino al 3 novembre al Palazzo Assessorile di Cles, promossa dal Comune di Cles. Attraverso dipinti, stampe, oggetti d’arte, fotografie, giocattoli, libri e fumetti il visitatore si accorgerà che l’orso, reale o immaginato, è da sempre un nostro compagno di viaggio.
«La ricerca – spiega la curatrice - si è concentrata soprattutto sul Trentino Alto Adige, unico luogo delle Alpi che vede la sopravvivenza in libertà dell’orso bruno. Il rapporto tra orso e uomo iniziò già nella Preistoria, e non fu solo questione di caccia. L’orso acquisì ben presto significato rituale e venne coinvolto, suo malgrado, nell’immaginario umano».
Nel Medioevo, durante il processo di cristianizzazione, la Chiesa si è poi trovata a fare i conti con una serie di culti pagani che ponevano l’orso al centro. «Per sminuire l’importanza dell’animale, gli attribuì la titolarità di alcuni dei vizi capitali, tra essi gola, ira, lussuria. Nella Chiesa si fece strada anche l’intento di domarlo, come accadde ad esempio con San Romedio», precisa Spada. A quello che è considerato dunque una sorta di alter ego dell’uomo, la mostra dedica un viaggio tematico e cronologico che dalla prima sezione, riguardante le prime attestazioni della sua presenza sul nostro territorio a partire dall’età del bronzo, procede con una parte
storico-artistica che si concentra sul tema della caccia all’orso, diffusa tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400. Attestazioni in tal senso sono presenti, tra l’altro, a Torre Aquila, a Trento, e a Castel Roncolo a Bolzano.
Nel Rinascimento la simbologia legata all’orso intreccia ambiti erotici, secondo le indicazioni che Plinio il Vecchio dà nella Storia naturale. Nascono così rappresentazioni del plantigrado come rapitore di fanciulle con cui si accoppiava, dando vita a personaggi destinati a grandi imprese. Si arriva fino a Depero e all’utilizzo dell’orso nei manifesti pubblicitari del Novecento.
Una parte della mostra si sofferma su San Romedio, che addomesticò l’orso fenovembre, roce, si prosegue con l’addestramento dell’orso, iniziato già nel Medioevo per divertimento. Dal Settecento, la pratica si perfeziona con intenti ludici, come narra la vicenda degli ammaestratori d’orsi dell’Appennino emiliano. «Acquistavano orsetti in Slovenia e li portavano a esibirsi in tutta Europa e fino in Turchia – osserva ancora Spada -. Orso cacciato, simbolico, erotico, decorativo, mitico, giocattolo, orso cartellone pubblicitario. E quindi orsi medievali, gotici, rinascimentali, barocchi, liberty e futuristi».
Non manca uno sguardo sui carnevali tradizionali, in cui l’orso è sempre presente per la sua forte valenza cosmologica. Si riteneva, infatti che andasse in letargo l’11 giorno di San Martino e si risvegliasse alla Candelora, il 2 febbraio.
Quando poi l’orso, tra fine Ottocento e inizio Novecento, viene sterminato, eccolo pronto a rinascere come dolce Teddy bear, l’immaginario compagno di giochi che dal Novecento arriva fino a oggi. Senza dimenticare gli orsi nel mondo del fumetto e dell’animazione: «Sono generalmente personaggi positivi. Orsi antropomorfi, che parlano e pensano, amanti della buona tavola e del quieto vivere, da Yoghi a Winnie the Pooh. Nel caso di Baloo o di Masha e Orso, diventa un consigliere della formazione dell’uomo o del bambino», conclude Spada.