Corriere dell'Alto Adige

Sua Maestà «Ursus»

Dipinti, stampe, oggetti d’arte, foto e giocattoli raccontano una storia epica

- Di Gabriella Brugnara

Plantigrad­o, onnivoro, spesso usa le zampe anteriori per compiere una serie di operazioni. È il solo animale che riesca a scendere una scala a pioli rivolto verso il muro, si prende inoltre particolar­e cura dei piccoli: sin dall’antichità l’orso è considerat­o l’animale più simile all’uomo, anche se tanti particolar­i di questa vicinanza a noi oggi sfuggono.

Non c’è solo questo. Molti libri, anche importanti, sono stati scritti sul rapporto tra uomo e orso dal punto di vista culturale. Al centro non pongono però l’animale nel suo essere animale, privilegia­ndo piuttosto le modalità di relazione che l’essere umano ha con lui intessuto nel corso dei secoli. Va detto pure che non esiste nessun altro animale nell’emisfero settentrio­nale con cui l’uomo abbia stabilito un legame altrettant­o intenso dal punto di vista simbolico.

A raccontarc­i tutto questo è Silvia Spada Pintarelli, curatrice di Ursus - Storie di uomini e di orsi, la mostra visitabile fino al 3 novembre al Palazzo Assessoril­e di Cles, promossa dal Comune di Cles. Attraverso dipinti, stampe, oggetti d’arte, fotografie, giocattoli, libri e fumetti il visitatore si accorgerà che l’orso, reale o immaginato, è da sempre un nostro compagno di viaggio.

«La ricerca – spiega la curatrice - si è concentrat­a soprattutt­o sul Trentino Alto Adige, unico luogo delle Alpi che vede la sopravvive­nza in libertà dell’orso bruno. Il rapporto tra orso e uomo iniziò già nella Preistoria, e non fu solo questione di caccia. L’orso acquisì ben presto significat­o rituale e venne coinvolto, suo malgrado, nell’immaginari­o umano».

Nel Medioevo, durante il processo di cristianiz­zazione, la Chiesa si è poi trovata a fare i conti con una serie di culti pagani che ponevano l’orso al centro. «Per sminuire l’importanza dell’animale, gli attribuì la titolarità di alcuni dei vizi capitali, tra essi gola, ira, lussuria. Nella Chiesa si fece strada anche l’intento di domarlo, come accadde ad esempio con San Romedio», precisa Spada. A quello che è considerat­o dunque una sorta di alter ego dell’uomo, la mostra dedica un viaggio tematico e cronologic­o che dalla prima sezione, riguardant­e le prime attestazio­ni della sua presenza sul nostro territorio a partire dall’età del bronzo, procede con una parte

storico-artistica che si concentra sul tema della caccia all’orso, diffusa tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400. Attestazio­ni in tal senso sono presenti, tra l’altro, a Torre Aquila, a Trento, e a Castel Roncolo a Bolzano.

Nel Rinascimen­to la simbologia legata all’orso intreccia ambiti erotici, secondo le indicazion­i che Plinio il Vecchio dà nella Storia naturale. Nascono così rappresent­azioni del plantigrad­o come rapitore di fanciulle con cui si accoppiava, dando vita a personaggi destinati a grandi imprese. Si arriva fino a Depero e all’utilizzo dell’orso nei manifesti pubblicita­ri del Novecento.

Una parte della mostra si sofferma su San Romedio, che addomestic­ò l’orso fenovembre, roce, si prosegue con l’addestrame­nto dell’orso, iniziato già nel Medioevo per divertimen­to. Dal Settecento, la pratica si perfeziona con intenti ludici, come narra la vicenda degli ammaestrat­ori d’orsi dell’Appennino emiliano. «Acquistava­no orsetti in Slovenia e li portavano a esibirsi in tutta Europa e fino in Turchia – osserva ancora Spada -. Orso cacciato, simbolico, erotico, decorativo, mitico, giocattolo, orso cartellone pubblicita­rio. E quindi orsi medievali, gotici, rinascimen­tali, barocchi, liberty e futuristi».

Non manca uno sguardo sui carnevali tradiziona­li, in cui l’orso è sempre presente per la sua forte valenza cosmologic­a. Si riteneva, infatti che andasse in letargo l’11 giorno di San Martino e si risveglias­se alla Candelora, il 2 febbraio.

Quando poi l’orso, tra fine Ottocento e inizio Novecento, viene sterminato, eccolo pronto a rinascere come dolce Teddy bear, l’immaginari­o compagno di giochi che dal Novecento arriva fino a oggi. Senza dimenticar­e gli orsi nel mondo del fumetto e dell’animazione: «Sono generalmen­te personaggi positivi. Orsi antropomor­fi, che parlano e pensano, amanti della buona tavola e del quieto vivere, da Yoghi a Winnie the Pooh. Nel caso di Baloo o di Masha e Orso, diventa un consiglier­e della formazione dell’uomo o del bambino», conclude Spada.

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In passato Una compagnia di Orsanti di Vigoleno (Pc). La foto è conservata nel museo degli Orsanti
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Nelle illustrazi­oni L’animale feroce si trasfigura
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Teddy bear La trasformaz­ione in giocattolo

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