Parrocchie, un decalogo per favorire l’incontro
BOLZANO «La politica locale potrebbe aiutare di più nel favorire la convivenza fra i gruppi linguistici nella scuola e nella cultura portando benefici anche nella vita parrocchiale». Questa è una delle osservazioni emerse ieri durante la presentazione dei risultati della ricerca «Comunicare fra le lingue» condotta dall’Ufficio pastorale della Diocesi Bolzano - Bressanone. Così, mentre dal sondaggio nasce una proposta proattiva, come l’elaborazione di un vademecum per tutti coloro che si impegnano a migliorare i rapporti fra i diversi gruppi linguistici, ritorna invece come un boomerang la questione spinosa sul doppio passaporto (riservato ai cittadini altoatesini di madrelingua tedesca e ladina) che mina la serenità dei tre gruppi linguistici in Alto Adige.
Paolo Valente, direttore del centro Caritas, ricorda che «nelle terre di confine c’è la tentazione di erigere muri ma la nostra vocazione è quella di costruire dei ponti. La lingua è un fattore che unisce e, più lingue possono far parte della nostra identità».
Come nel caso citato dai partecipanti al sondaggio che hanno preso come modello alternativo la scuola trilingue della Val Gardena, dove si è sviluppata un’identità culturale unitaria che va al di là delle differenze linguistiche.
Il Sinodo diocesano, conclusosi nel 2015, ha affidato alla chiesa locale il compito di impegnarsi affinché i diversi gruppi linguistici possano crescere nell’apertura reciproca della convivenza consapevole. Su queste basi è stato costituito, da poco più di un anno, il gruppo di lavoro composto da undici componenti, tra laici e sacerdoti. Il team incaricato di eseguire il sondaggio ha poi scelto un campione di dieci parrocchie altoatesine.
Tra i partecipanti alla ricerca anche i parroci di ciascuna chiesa scelta e i rappresentati dei diversi gruppi linguistici.
Dall’indagine è emerso che le varietà di culture e di lingue sul nostro territorio vengono percepite, da un lato, come un arricchimento e, dall’altro, come una minaccia. Compiere nuovi passi in direzione di una miglior convivenza si rivela faticoso, ma è altresì vero che lo sforzo di acquisire una buona competenza linguistica viene visto come un segno importante di stima e di apertura a una collaborazione che oltrepassi il proprio orizzonte culturale.
Tra gli invitati alla presentazione dei risultati del sondaggio anche una delegazione slovena proveniente dalla regione austriaca della Carinzia. «In Carinzia — spiega Reinhard Demetz, direttore dell’ufficio pastorale altoatesino — non si è mai costruito niente di analogo alla nostra provincia autonoma. Il gruppo sloveno rappresenta una minoranza e ha una tutela diversa da quella nostra. Inoltre, i due gruppi linguistici in Carinzia fanno tutte le celebrazioni bilingui e non conoscono il nostro sistema di separazione. Siamo simili nella situazione di partenza ma molto diversi nelle soluzioni»