Generazioni a confronto, Fubini dialoga con Alice
Bolzano, generazioni a confronto e cervelli in fuga: oggi il dialogo tra Fubini e la youtuber Alice «I ragazzi vanno valorizzati»
«Generazioni» a Bolzano. Gioco, lavoro e mondo digitale, in un dialogo appunto tra generazioni, nella rassegna che incentivare la partecipazione dal basso e immagina nuovi scenari per lo sviluppo dei territori. Oggi al Centro Trevi di Bolzano il via con «Magic: The Gathering» (ore 12) il gioco di carte collezionabili più venduto al mondo. Alle 17.30 il gamification designer Fabio Viola. Alle 21 la chiusura con il giornalista Federico Fubini e la youtuber Alice Venturi, «AlicelikeAudrey» parleranno di giovani che partono e giovani che restano nell’incontro «Se io resto qui», moderato dalla giornalista Silvia Fabbi. La rassegna «Generazioni» è promossa dalle Province autonome di Bolzano e Trento e dalla Regione Trentino Alto Adige. Inviato ed editorialista di Il Corriere della Sera, di cui è anche vicedirettore ad personam, Federico Fubini è passato da Firenze a Bruxelles, dove ha vissuto per quasi dieci anni a partire dal 1994. Ha vinto il Premio Estense con il libro Noi siamo la rivoluzione (2012), il Premio Capalbio e il Premio Pisa con La maestra e la camorrista
(2018).
Fubini, lei ha affermato che «la fuga dei giovani è la nuova paura». In che senso?
«Commentavo un sondaggio interessante dell’European Council of Foreign Relations che per la prima volta chiedeva agli elettori in Italia e in altri tredici Paesi dell’Unione se a preoccuparli fosse più l’emigrazione dei loro connazionali verso l’estero o la situazione opposta. Ne esce che il 32% degli elettori è più preoccupato dall’emigrazione dei connazionali, mentre solo il 24% lo è per l’ingresso di sempre nuovi stranieri. L’altro dato sorprendente è che in Italia c’è una maggioranza di persone, il 52%, favorevole a misure per contrastare l’emigrazione di giovani connazionali verso l’estero».
Un espatrio collegato solo a ragioni economiche, o c’è altro a guidare le scelte dei giovani?
«Mancanza di opportunità economiche? Sì e no, perché il fenomeno interessa in particolare le regioni più ricche. Evidentemente i giovani cercano anche qualcos’altro, degli ambienti di lavoro diversi, forse stipendi più alti, ma soprattutto una possibilità maggiore e più rapida di essere valorizzati. Le aziende italiane sono spesso improntate al paternalismo, all’estrema gerarchizzazione e alla rigidità delle gerarchie, o forse sono troppo piccole, a guida familiare, poco tecnologiche, e non motivano».
I giovani non vengono dunque adeguatamente responsabilizzati.
«Si tende a dire: ti devi formare, fare la gavetta. Sono bugie, modi di nascondere il fatto che questi giovani in fondo fanno anche un po’ paura, perché in una fase di rapido cambiamento tecnologico sono molto più produttivi delle persone più in là con gli anni. È un grandissimo spreco di risorse, ma i giovani avendo ormai la possibilità di scegliere non si lasciano più imporre certe condizioni un po’ capestro, per realizzare al più presto il loro potenziale. Il problema ha dunque molto a che fare con la rapidità della trasformazione tecnologica e con la possibilità di scelta dei ragazzi, che non accettano più la frustrazione».
In tutto questo, non c’è anche un ruolo dei genitori?
«In effetti questa generazione di genitori, che ha fatto i conti con la crisi economica, è cambiata rispetto alle precedenti, per le quali era importante comprare casa ai figli, possibilmente vicino alla propria, per poi magari fare i nonni. Ora il patrimonio familiare viene spesso investito nell’educazione, con la consapevolezza della penuria di opportunità per i figli in Italia. Il punto non è però impedire che i ragazzi vadano all’estero, ma metterci nelle condizioni di attrarre a nostra volta giovani dall’estero. È questo il tassello che manca per evitare di dirigerci verso un impoverimento che può dare luogo a rancore sociale, anche verso l’Europa».
Bolzano, come lei scrive, con un tasso dello 0,50 è con Imperia la città italiana dalla quale emigrano più giovani verso l’estero. Trento è solo ventesima. La provincia altoatesina è anche quella con il miglior tasso di occupazione. Come si spiega?
«Mi sembra una situazione abbastanza naturale, Bolzano è città di frontiera, presenta osmosi con il mondo tedesco, e ben inserita nel contesto europeo. Non si tratta di una dimostrazione di sfiducia verso l’Alto Adige, che al contrario è un territorio forte e dinamico, capace di attrarre molti giovani dall’estero».
«Se io resto qui»: una prospettiva diversa fa da titolo all’incontro di oggi.
«Se io resto qui, mi rimbocco le maniche nel senso che accanto ai grandi numeri anche l’atteggiamento dei singoli è determinante. Se chi decide di perseguire un progetto ci si mette d’impegno, ha buone probabilità di riuscirci anche in Italia. Invocare circostanze esterne per giustificare i fallimenti personali non mi è mai parsa una strategia molto intelligente».