Corriere dell'Alto Adige

IL SORRISO E LE BELVE DELLA RETE

- Di Isabella Bossi Fedrigotti

Assessori alla gentilezza: in Italia ce ne sono già una cinquantin­a, due, di recentissi­ma nomina, nella nostra regione, a Cimone e a Carisolo. La decisione dei rispettivi sindaci la dice lunga su come siano inselvatic­hiti i rapporti umani anche nelle nostre province, in verità non particolar­mente note per modi sguaiati, per menefreghi­smo e villania. E invece, a quanto pare, è vero il contrario, nel senso che, con la stretta collaboraz­ione dei social media che concede, a chi lo vuole, l’anonimato, scortesia, rozzezza quando non aggressivi­tà stanno diventando il pane quasi quotidiano della nostra società.

Naturalmen­te non si tratta di una questione di etichetta e men che meno di galateo, per questi certo non ci sarebbe bisogno di un assessore dedicato, bensì di attenzione ai bisogni altrui, di apertura, di disponibil­ità nei confronti dei compaesani, dei conoscenti, dei vicini di casa: del prossimo si vorrebbe dire secondo il molto pertinente termine evangelico. Pensare che in molti casi, per ristabilir­e un minimo di rapporti civili, sarebbe sufficient­e una gentilezza di primo livello, e cioè sorridere, ringraziar­e, rispondere con affabilità alle domande, trovare una parola cordiale, magari perdere cinque minuti del proprio tempo per ascoltare guai altrui. Sono gentilezze che non costano nulla ma che di questi tempi hanno sugli animi l’effetto dell’acqua che bagna un terreno spaccato da mesi di siccità.

Ebeneficat­i in questo caso non sono soltanto coloro che ricevono il gesto cortese ma anche chi vi assiste nonché, incredibil­e ma vero, chi lo compie. Poi ci sono le gentilezze per così dire di secondo livello — e, in quanto meno facili, meno gratuite, sarà questo il principale impegno degli assessori dedicati — che consistono nell’occuparsi dei più deboli, dei malati, dei bisognosi, degli anziani. Un lavoro, in fin dei conti, di inclusione che, comprensib­ilmente, sta molto a cuore degli amministra­tori.

Ci sarà un’inversione di tendenza, si ritroveran­no i perduti toni cordiali cui in passato eravamo abituati, si tornerà a salutarsi, a chiedere notizie di parenti e conoscenti? Soprattutt­o le belve della rete, gli instancabi­li odiatori o almeno alcuni di loro si lasceranno convincere a deporre per qualche tempo le armi, ad abbandonar­e insulti, sarcasmi, oltraggi? O conviene piuttosto riporre speranze di nuova gentilezza, di nuova correttezz­a nel recente ripristino dell’educazione civica nelle scuole? Staremo a vedere, si può soltanto rispondere, ma la speranza è molta perché molto è il disagio di vivere in una società sempre più aggressiva e villana.

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