L’Alto Adige vince, stadio vuoto
Il tecnico: «Perché i tifosi non vengono?». La replica: «Non digerito il cambio del nome»
«Siamo secondi in classifica ma c’è mezzo stadio vuoto». Stefano Vecchi, tecnico del Südtirol, parla chiaro. Pur essendo lui l’autore di una straordinaria cavalcata che ha portato la squadra a un passo dal primo posto del girone B del campionato di Serie C, occupato dal Vicenza. Squadra che, ricorsa, «arriverà fra due partite. Mi auguro che almeno la tribuna sia nostra, speriamo che la nostra gente si faccia sentire». Ma cos’è che non fa presa sui tifosi? Per qualcuno pesa la scelta di eliminare il nome italiano «Alto Adige» dal simbolo della società, per altri i costi elevati dei biglietti per le partite.
«Siamo secondi in classifica, c’è mezzo stadio vuoto. Dobbiamo essere consapevoli della nostra realtà, sappiamo che dobbiamo essere noi quelli che trascinano. Fra due partite arriva il Vicenza, mi sa che giocheremo fuori casa, anche se mi auguro di no. Mi auguro che almeno la tribuna sia nostra, speriamo che la nostra gente si faccia sentire. Se vogliamo competere con certe realtà dobbiamo essere uniti e cercare di far qualcosa d’importante. Noi ci stiamo provando, speriamo che ci vengano dietro». L’affondo in conferenza stampa è di Stefano Vecchi, autore di una straordinaria cavalcata che ha portato il Südtirol, dopo nove vittorie nelle ultime undici partite, a un passo dal primo posto del girone B del campionato di Serie C occupato dal Vicenza.
Una storia complessa e frastagliata, quella del club guidato da Walter Baumgartner, che ha attraversato diverse fasi. E che fa i conti con un territorio che aspetta il nuovo stadio Druso come ulteriore segnale di aggregazione, ma che allo stesso tempo non risponde ancora come si spererebbe. Il Südtirol, fondato nel 1974 a Bressanone e che dal 2016 cambiò logo e stemma inserendo il nome della città di Bolzano al posto della denominazione precedente Fc Südtirol – Alto Adige, vorrebbe aggregare avvicinandosi maggiormente al cuore del capoluogo, che per il 75% è di madrelingua italiana. «Una parte della tifoseria non ha digerito l’eliminazione del nome italiano Alto Adige dal simbolo della società» ammette un tifoso.
Per ora l’operazione di coinvolgere tifosi (simpatie diffuse esistono per il Bayern
Monaco e per squadre di Serie A) è riuscita solo in parte: la media spettatori, infatti, si attesta ad oggi sulle 1.020 unità, quint’ultima di tutto il girone. Ancora troppo poco, per un club che ambisce al salto di categoria e a consolidarsi con strutture, uno stadio da 10mila posti a misura di famiglia e i risultati sportivi, aggregando nuove e vecchie generazioni.
Ma perché il seguito di pubblico è ancora scarso? Oltre alla solida tradizione hockeistica del territorio, qualche appassionato lamenta anche alti costi per i biglietti delle partite in casa, fino a 17 euro per i settori più popolari. «La caratterizzazione spiccatamente locale della popolazione porta i tifosi di Bressanone e dintorni più di qualche volta a preferire partite di Eccellenza o Promozione che raccolgono fino a 400 spettatori per la voglia di vivere l’evento e la comunità» spiegano ancora i tifosi. I gruppi principali di riferimento della tifoseria del
Südtirol, gli Eagles Supporters e le Centurie biancorosse, a inizio stagione avevano disertato il Druso per un momentaneo spostamento del proprio settore dovuto alla ristrutturazione. Poi ci sono anche difficoltà di varia natura, con la limitazione in città di punti vendita per i biglietti delle partite in trasferta. In questo senso l’unica via possibile per attrarre gente sono i risultati. Se son rose...