FEDE RELIGIOSA E SPIRITUALITÀ
Viviamo tempi di crisi della pratica religiosa. I numeri sono in evidente calo, sia nella frequenza alle liturgie, come pure la pratica sacramentale e le varie devozioni tradizionali.
Viviamo tempi di crisi della pratica religiosa. I numeri sono in evidente calo, sia per quanto riguarda la frequenza alle liturgie, come pure la pratica sacramentale e le varie devozioni tradizionali. La fede è in affanno, non però la spiritualità, che — appunto — non va confusa con la fede o con la religione.
Di tale tema di è parlato giovedì scorso al Teatro Cristallo di Bolzano, alla presentazione dell’ultimo libro di Giuseppe Morotti «Per una nuova spiritualità». L’autore, molto noto ai bolzanini, è stato per anni nella comunità dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld e ha vissuto un decennio in Iran, durante la guerra con l’Iraq. Per tale ragione conosce la lingua farsi e ha acquisito grande esperienza circa la spiritualità islamica e di altre tradizioni. Ora è sposato con la poetessa Angela Angiuli e ha due splendidi figli, ma si dedica con passione a far conoscere i tesori della spiritualità mondiale. Ha già scritto altri volumi sul dialogo interreligioso e sul misticismo dei sufi, ma questa sua ultima opera gode di un respiro ancora più ampio e offre tesi che aprono orizzonti universali, ossigeno nuovo per lo spirito.
Nel suo testo spiega, ad esempio, come anche la scienza dia ragione alle attese e alle intuizioni universali dello spirito umano. Propone poi figure, testi e concezioni che spaziano dall’antico Egitto alla spiritualità indù, dai pellirossa del Nordamerica alle tradizioni islamiche, dallo yoga ai grandi padri del deserto che hanno dedicato la propria vita alla ricerca di quel grande «Forse», di quel «Lui» che è Dio o il divino, secondo le diverse tradizioni.
Il libro di Morotti fa bene a chi è in ricerca, a chi si sente troppo stretto nei vincoli di tradizioni religiose che hanno definito il proprio cammino come il migliore, sconfessando quelli degli altri. L’aria che respiriamo è la medesima, qualunque sia la nostra fede. E lo stesso vale per gli aneliti dell’uomo alla verità, alla bellezza, alla comunione universale. Per questo il nostro postula la necessità di una nuova spiritualità che sia cosmica.
In un’epoca come la nostra, spesso affannata per il materialismo, l’edonismo, l’individualismo, lo spazio dedicato alla dimensione spirituale, al prendersi tempo, a gustare il fatto stesso di poter respirare, si rivela un dono alla qualità della vita. E allora ogni mezzo è buono — poesia, musica, paesaggi, tempo speso a giocare coi bambini — per farci riscoprire la nostra dimensione interiore e al tempo stesso «cattolica», cioè universale. E così eviteremo che si verifichi quanto paventava Oscar Wilde: «Nutriamo e vestiamo al meglio i nostri corpi, ma le nostre anime muoiono di fame e di freddo».