Dieci ore di lavoro, poi sport e cibo Chico: «Ecco la mia vita in carcere»
Fra tablet e radio, Forti si racconta. E lo zio ieri ai «Fatti vostri» chiede di commutare la pena
TRENTO Sveglia alle 4.45, dieci ore di lavoro al giorno (dalla biblioteca alla manutenzione del tetto), la mensa e il mercato nero del cibo, il dormitorio con 48 brande, i contatti con l’esterno e la radio la notte per tenersi aggiornato. Resistenza, perseveranza, forza. Queste le armi che usa Enrico (Chico) Forti, il produttore e video-maker trentino condannato all’ergastolo per omicidio e da 20 anni nelle carceri americane. Dopo i molti solleciti di chi lo segue e supporta, Chico ha inviato una lettera dal South Florida Reception Center, carcere maschile a Doral, nella contea di MiamiDade, dove si trova l’imprenditore, oggi sessantenne. Del suo caso si sta occupando il governo italiano con il ministro degli esteri Luigi Di Maio che ha confermato la sua intenzione a riportarlo in Italia a scontare la pena. Proprio ieri lo zio Gianni ha partecipato alla trasmissione su Raidue «I fatti vostri» di Magalli dove ha riportato la proposta di Chico «per tornare in Italia libero e a testa alta: chiedere di commutare la sentenza di ergastolo nel tempo già trascorso in carcere, 20 anni» per un reato per il quale si è sempre dichiarato innocente.
Nella lettera Chico ha raccontato la sua giornata. «Una ricostruzione di come passo le giornate qui dentro dedicata alle centinaia di sostenitori che me l’hanno richiesto», esordisce. «Mi sveglio alle 4.45, esco verso le 5 e normalmente finisco di lavorare alle 17. Spesso dopo una breve pausa per chiamare mia madre, proseguo fino alle 19. Qualche volta “marino” per vedere se ho ricevuto email su questo mio tablet tenuto insieme da gomma da masticare e elastici», ironizza. Poi spiega i lavori svolti: «In una classe insegno educazione fisica con esercizi aerobici, in un’altra a smettere di fumare. Aiuto anche nella biblioteca archiviando i libri e preparo le soluzioni dei prodotti caustici per le pulizie dei dormitori, lavoro col carrello di manutenzione riparando i danni minori e sui tetti riparando tegole e ventole d’aspirazione (siamo solo in due senza vertigini)». Ma c’è anche la parte grafica: «Preparo, disegnandole a mano, le brochure per eventi particolari, com a breve, per Natale». E quella sportiva, immancabile per un ex campione di vela, che ha partecipato a sei mondiali e due europei di windsurf vincendo un Campionato italiano. «Sporadicamente organizzo, partecipandovi, un “iron man nostrano” 10 km di corsa, massimo numero di trazioni alla sbarra, massimo numero di flessioni push up, massimo tempo appeso alla sbarra per trazioni».
Tante attività, interne, nel mondo carcerario per Chico, che ha tre figli di 21, 23 e 25 anni. E poi c’è l’esterno. «Appena aprono i telefoni, alle 17, e se riesco a ottenere un posto in fila, chiamo mia madre per darle la buonanotte. E poi Roberto Fodde, la mia finestra sul mondo esterno, per avere le ultime notizie». L’altro aggancio con il mondo esterno è il computer: «Ricarico la batteria del tablet spesso, perché è un catorcio e nel frattempo, se è libero un “tablettone” a parete a disposizione di tutti: offre le stesse funzioni, a parte la limitazione a 15 minuti d’uso e l’ora di separazione tra un collegamento e l’altro. I videograms (brevi videomessaggi di 30 secondi) ad esempio si possono scaricare solo dal chiosco fisso».
Chico quindi entra nei rituali più severi del carcere, a cominciare dalla conta dei detenuti: «I conteggi sono sei: alle 5, alle 8, alle 11.55, alle 16 e alle 18. Alle 22 c’è poi il “master count”, la verifica totale: il conteggio più importante, dove viene chiesto il numero identificativo a ogni inquilino, controlla che nessuno abbia preso il “volo”. In tutti gli altri vengono contati solo i detenuti. Quando si conta all’interno del dormitorio — prosegue — si deve rimanere sul proprio bunk in completa uniforme fino alla verifica di tutti (a volte dura 25 minuti, a volte 2 ore). Io, fortunatamente, quasi sempre i primi quattro conteggi li faccio fuori dal dormitorio, col mio supervisore di turno.
Quindi il cibo. «La mensa è orribile, ci vado di rado. Cerco sempre d’arrangiarmi all’italiana, trovando un po’ di frutta, verdura, pollo al mercato “non bianco”, completo la mia parca dieta acquistando tonno, sardine, sgombri e arachidi, inscatolati allo spaccio interno, da usuraio». E l’igiene. «La doccia è comune, sono sei affiancate, a mezzo metro di distanza senza separazioni, per fortuna date le mie molte mansioni riesco a fare la doccia in solitaria, così evito inconvenienti spiacevoli».
Infine, la notte. «Il dormitorio è un open-bay: un’area della misura di un campo da pallacanestro, con 48 brande singole (un privilegio perché negli altri “alberghi” le brande sono 72 a castello). In altri istituti sono prevalenti i closed-bay di alta sicurezza, con celle per due detenuti con due letti a castello, un gabinetto spartano interno, porta a sbarre, una doccia per ogni 8 celle». «Qui — prosegue Chico — i detenuti hanno più privacy per le loro attività illegali, però c’è molta meno libertà di movimento e spesso rimangono rinchiusi in cella per ore, oltre alle 7 ore notturne dopo il “master count”. Io uso il tablet anche la notte, comunque non dormo molto perché da mezzanotte alle 5 del mattino ascolto Radio Bbc Internazionale per tenermi aggiornato». Aggiornato e preparato. Anche se poi la conclusione denota un po’ di sconforto da parte di Chico, numero «199115».
«In questo manicomio cerco comunque di trovare il meglio nella gente però, per quanto ci provi, mi riesce difficile frequentare persone prive d’ogni motivazione e negative». Intanto ieri sera Le Iene ha dedicato un’altra puntata su Forti e domenica ci sarà l’intervista a Chico in carcere. Prima del Natale