Al Museion le visioni argentine di Mercedes
Disegni e abiti: al Museion di Bolzano le opere dell’argentina Azpilicueta
L’artista argentina Mercedes Azpilicueta inaugura oggi al Museion di Bolzano la sua prima mostra personale italiana. Bestiario de Lengüitas (il bestiario delle linguette) è curata da Virginie Bobin e rimarrà allestita al Museion fino al 13 maggio, in una carrellata sorprendente di disegni, performance video e sonore, tappeti e manichini rivestiti di abiti teatrali pensati per corpi duttili.
Una mostra che si inserisce nell’ambito di un progetto internazionale, in collaborazione con CentroCentro di Madrid e Cac di Bretigny.
Classe 1981, originaria di La Platain Argentina e residente ad Amsterdam, Mercedes Azpilicueta presenta le sue opere nell’open space all’ultimo piano del museo di arte contemporanea altoatesino raccontandole in un italiano fluente, eredità dei nonni piemontesi.
Il «bestiario» si muove lungo l’asse creativo che partendo dai corpi passa al linguaggio, ripensando entrambi attraverso il registro del teatro.
Al centro di tutto, un assunto di base: «Per me non c’è una realtà più reale della finzione spiega l’artista -. Questa è una narrazione, una storia letteraria con personaggi che propone il senso di uno scenario composto da tantissimi disegni. Nel mio lavoro il disegno si pone a cavallo tra realtà e immaginazione. È così semplice, non richiede altro che una matita e un pezzo di carta, ma mi costringe a pensare in un altro modo, senza un filo razionale. È un gesto performativo che mette un pensiero su carta. È il motore di tutto».
Il progetto nasce a Parigi nel 2017 con una residenza che permette a Mercedes Azpilicueta di entrare nel mondo del teatro. «Un mondo che approccio come artista visiva e come performer - racconta -. Ero curiosa di scoprire il palcoscenico, il dietro le quinte, i costumi, le scenografie, lo script e lavorare con altri colleghi. Anche il bestiario riunisce collaborazioni con gruppi di studenti a Parigi e a Madrid, coreografi e artisti. Amo il teatro perché fond voce e performance, richiede la capacità di modificare e muovere il corpo, travestirlo, mascherarlo, deformarlo. Qui creo costumi che cercano di costringere il movimento, alcuni sono goffi, altri stretti o senza il buco per le braccia».
E se i corpi proposti allo spettatore sono bestiali e immaginari, lo sono anche i linguaggi che entrano a pieno titolo nello show, dai dieci video agli audio in spagnolo, tedesco, italiano e francese. «Il mio è un modo di re-immaginare una nuova forma di comunicazione confessa l’artista -. Affido molti messaggi a questa mostra, ma non mi rivolgo mai in maniera diretta allo spettatore che vorrei si connettesse a suo modo con i costumi, i video, i tappeti, i disegni, con il suono ambientale, con l’audio di un’ora». Tutto intorno, appesi al soffitto, manichini roteanti con abiti di scena realizzati a mano con tecniche artigianali. Abiti che vestono «corpi di turisti, corpi senzatetto, corpi queer, europei, africani», di cui l’artista scrive sui muri.
«Mi è piaciuto pensare a un ritorno al tessile, al grezzo, al fatto a mano: pratiche quasi dimenticate tipiche del mondo femminile. Tutti i materiali sono di seconda mano o riciclati, il latex è naturale, le tinture prese in prestito al mondo vegetale: caffé, té, piante, miele». Un artigianato dal retrogusto sciamanico che affonda le radici nella terra dell’artista, in cui sacro e profano, scienza e credenza popolare si fondono in un sapere affascinante a noi sconosicuto. Mercedes Azpilicueta si racconta davanti a un’intera parete ricoperta di carta da parati che riprende a ripetizione un pattern con disegni a china. «Ci sono scene diverse dello script, una coreografia di personaggi nascosti dentro una scatola, riferimenti ai sensi e a tutto quello che si può toccare, assaggiare, fruire: dalle sigarette alla lavanda, dalla ruda usata in Argentina per produrre la grappa all’erba mate, dal melograno alle piante aromatichespiega -. E poi il corpo immaginario che può diventare tutto e fingersi altro». Come le lettere di questo alfabeto fantasioso che, assumendo forme di mostri, diventano bestiario.