DIFFIDENZA DELL’ALTRO
Da oggi Dorothy Louise Zinn, docente di Antropologia culturale all’università di Bolzano, inizia la collaborazione con il Corriere dell’Alto Adige.
L’altra sera, quando il presidente del Consiglio annunciava le misure per cercare di contenere l’epidemia del coronavirus, mi è arrivato un Whatsapp da un’amica che abita accanto a un ristorante cinese a Bressanone: «I cinesi hanno chiuso per un mese e sono partiti per la Cina». Mi sono chiesta se i ristoratori cinesi avessero chiuso per una mancanza di clientela, oppure per la paura di contrarre il coronavirus dagli italiani che li circondano, visto la crescita di ora in ora del bollettino di guerra.
In effetti è buffo pensare che solo un mese prima, in seguito alla diffusione in Cina del coronavirus, sono stati registrati in Italia diversi episodi incresciosi di sinofobia, mentre ora è l’Italia a essere vittima di un bullismo e scherno mondiale come presunta untrice del male. Per poi scoprire che, secondo il «New England Journal of Medicine», il «paziente 0» in Italia era bavarese. Al tempo del coronavirus, molti commentatori hanno scomodato vari riferimenti letterari: da Lucrezio a Boccaccio, da Manzoni a García Márquez.
Ma più nello specifico, la diffidenza dell’altro in contesto di epidemia ha un illustre ma tristissimo precedente storico: quello degli atteggiamenti nei confronti degli ebrei, soprattutto nel ‘300 ma non solo, accusati durante le epidemie di aver avvelenato i pozzi. Atteggiamenti che portarono nei loro confronti, poi, a episodi di feroci persecuzioni, violenze e uccisioni.
Avevo già questo pensiero quando è arrivato un altro Whatsapp, questa volta un video inoltrato da un’amica algerina che è residente da molti anni in Sudtirolo. Si vede la conduttrice di un’emittente televisiva locale ricevere una telefonata da un telespettatore che le chiede: «Come mai non ci sono casi di coronavirus tra gli extracomunitari?». La conduttrice non concede un millimetro di spazio all’interlocutore, tronca sul nascere il suo intervento con l’accusa di razzismo.
Personalmente ero curiosa di capire di più del ragionamento del telespettatore: a un livello più spontaneo e forse banale, voleva magari essere una rivendicazione, un’espressione della volontà di vedere soffrire tutti quanti allo stesso modo (nel senso che catturiamo, in inglese, con il proverbio: «La miseria ama la compagnia»)? Così pare di averlo interpretato la conduttrice. Oppure — ed è un’ipotesi più inquietante — se il telespettatore avesse potuto parlare di più, avrebbe forse indirizzato il suo intervento al sottobosco complottistico, e cioè che gli extracomunitari (tout court) sarebbero stati responsabili del contagio, ma come si diceva degli ebrei medievali, se ne sono sottratti in modo subdolo e furbesco? Non si saprà mai cosa avrebbe voluto dire questa persona, ma considerando il livello delle disinformazioni che girano oggi con una modalità «virale» degna di coronavirus, non mi sorprenderebbe se qualcuno avesse già collegato la diffusione del Covid-19 a George Soros, finanziatore ebreo accusato in questi ambienti farneticanti di fomentare l’immigrazione nell’Occidente.
Da un lato, aveva ragione la conduttrice nel prendere una posizione ferma contro
il razzismo e affermare che «a ogni cosa c’è un limite». Dall’altro lato, però, credo sia importante trovare dei canali di dialogo, per quanto sia difficile, anche con persone come il telespettatore. Liquidandolo semplicemente come «razzista» e togliendogli la parola, non riusciamo a scavare in quel groviglio di sentimenti di paura dell’altro che sono diffusi, reali e che vanno presi sul serio. Il rischio è di ricacciare ciascuno nel proprio echo chamber mediatico, che riconferma solo quanto pensiamo già, invece di affrontare i loro pensieri, i loro dubbi, alla luce del giorno e con le armi del pensiero critico e della buona informazione.
Le misure sanitarie in diversi parti del mondo hanno colpito in modo mirato i cittadini italiani e i voli provenienti dall’Italia, e in alcuni luoghi stiamo assistendo a sporadiche forme di discriminazione fobica contro gli italiani. A mio avviso, la conduttrice televisiva poteva ricordare al telespettatore che i nuovi cittadini dell’Italia, provenienti da altri Paesi, condividono una lotta comune con tutti gli italiani nel combattere gli effetti nefasti del coronavirus, ma anche il virus dell’ignoranza.