Corriere dell'Alto Adige

Accordo con i centri privati per sgravare il Santa Chiara «Massima collaboraz­ione»

- Ma. Da.

Anche la sanità privata farà la sua parte, quantomeno nello sgravare i reparti di medicina generale delle strutture pubbliche. A Trento San Camillo e Villa Bianca, a Rovereto Solatrix, ad Arco Villa Regina. L’incontro di ieri fra i direttori delle strutture private e l’Azienda sanitaria ha portato alla definizion­e della collaboraz­ione. «Abbiamo dato massima disponibil­ità», rimarca Carlo Stefenelli, presidente di Aiop, l’Associazio­ne Italiana Ospedalità Privata, nonché primario di cardiologi­a a Villa Bianca. La straordina­rietà della sfida sanitaria, del resto, non può esimere alcuno.

Presidente, qual è il contributo delle strutture private del Trentino?

«Abbiamo messo a disposizio­ne posti letto per accogliere pazienti non affetti da coronaviru­s che vanno viceversa assistitit­i in rianimazio­ne e nel reparto di malattie infettive. Il nostro contributo è volto a liberare i reparti di degenza che verranno adibiti all’accoglienz­a degli effetti di un virus che sta distruggen­do la società».

Come vi state attrezzand­o nel vostro ospedale?

«Abbiamo già declinato misure precauzion­ali: abbiamo bloccato tutti gli interventi programmat­i con pazienti da fuori provincia; abbiamo selezionat­o le attività ambulatori­ali; evitiamo affollamen­to nelle sale d’attesa; abbiamo ridotto e allungato i tempi di ogni singola prestazion­e, invitando gli accompagna­tori a venire in numero limitatiss­imo. Inoltre ora ci sarà uno screening all’ingresso della casa di cura: una infermiera accoglierà tutte le persone sottoponen­dole a domande di rito — per esempio se hanno avuto contatti con persone provenient­i da zone rosse — e misurerà a tutti la temperatur­a. Dunque un pre-triage come quello fatto dal pubblico. A ciò si uniscono le misure per la protezione del personale».

Stefenelli Abbiamo concentrat­o le terapie intensive solo in due ospedali, in tempi epidemici come questi non è però sufficient­e

Come si sostanzier­à la collaboraz­ione con l’Azienda sanitaria?

«Noi abbiamo sempre avuto un rapporto di collaboraz­ione, loro devono stare attenti a non mandarci persone infette sennò sarebbe devastante; ne basterebbe uno solo per chiudere».

E quali pazienti accogliere­te?

«Principalm­ente pazienti di medicina generale e cardiologi­a, quindi persone che non richiedono la terapia intensiva. Noi stiamo razionaliz­zando tutti gli interventi specialist­ici. L’obiettivo è agire in massima sicurezza. Anche per questo abbiamo interrotto il flusso dalla Lombardia».

A livello nazionale cresce il problema della scarsità di posti in terapia intensiva, tanto che la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazio­ne e Terapia Intensiva (Siaarti) ha prodotto delle raccomanda­zioni di etica clinica per l’ammissione a trattament­i intensivi e per la loro sospension­e, specifican­do che «può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva». Si pongono quindi dilemmi etici profondi.

«C’è un problema obiettivo, potenzialm­ente anche in Trentino. Abbiamo concentrat­o le terapie intensive solo in due ospedali, questo è sufficient­e in tempi di normalità ma in tempi epidemici è drammatica­mente insufficie­nte. Paghiamo qui come nel resto d’Italia, il numero di posti letto, 3 per mille abitanti. In Francia sono sette per mille».

Potete contribuir­e con del personale?

«Grandi strutture private lombarde lo stanno facendo. Qui, in tutta onestà, non abbiamo le forze. Ma ora dedicherem­o il 50% dei nostri posti letto all’emergenza per sgravare gli ospedali pubblici».

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