Rosmarino ma si chiama salvia Una pianta antica dai mille usi tra cucina, cosmetica e salute
Fa parte della grande famiglia delle Lamiaceae. Ufficialmente non si chiama più Rosmarinus officinalis, ma Salvia rosmarinus. Misteri dei botanici — pare siano la casta più inquieta nel mondo scientifico —; sono proprio curiosa di conoscere chi d’ora in poi lo chiamerà salvia invece di rosmarino. Mi aspetto quasi che ribatta: «Salvia? a chi? a me?»
Quest’arbusto, conosciuto dagli albori dell’umanità come medicinale, aromatizzante in cucina, nella cosmesi, per suffumigi, era in origine una pianta mediterranea.
Fittamente coperto da strette foglioline, protette nella parte inferiore dalla siccità da una cera bianca che impedisce la dispersione di umidità, è un arbusto resistentissimo.
Le foglie contengono oli eterici, canfora, cineolo, sostanze amare e flavonidi. Gli oli eterici e le sostanze amare aiutano la digestione.
Nei tempi antichi, si narrava che ne i riti esoterici i suffumigi con foglie di rosmarino rendessero più attivi e intraprendenti; che cacciassero gli spiriti maligni, disinfettando l’aria. Si diceva pure che fossero salutari nelle camere degli ammalati.
Un altro bell’uso ci giunge dal tardo medioevo. Si dice che fu l’«Acqua di rosmarino» o «Ungarnwasserz», l’acqua ungherese, a mantenere sempre bellissima la regina Isabella — quale Isabella non vien specificato — attraverso gli anni. La ricetta era semplice: 200 grammi di foglie e fiori di rosmarino, 40 grammi di foglie di menta piperita, coperti da mezzo litro di grappa.
Si lasciavano riposare per quaranta giorni al buio, si filtravano e si mescolava l’infuso con la stessa quantità di acqua di rose. Magari funziona…
Il rosmarino sopporta temperature fino a cinque, sei gradi sotto lo zero. Sarebbe meglio farsi regalare un paio di rametti di una vecchia pianta cresciuta nelle nostre zone: messi in un bicchiere, producono radichette in poco tempo. Si piantano in un vaso, e si lasciano crescere per un paio d’anni, fino a che si sono irrobustiti, poi si trasferiscono in piena terra, al sole, in un posto un poco riparato d’inverno.
Il rosmarino venduto nei vivai proviene spesso da zone più calde delle nostre, perciò a volte muore. Si perde anche, perché, chi lo coltiva in vaso, si dimentica di bagnarlo durante l’inverno: ha bisogno di acqua da ottobre in poi, sempre solo quando la terra è asciutta.
Nei nostri orti cresce — se il clima lo permette — in un angolo vicino allo steccato che circonda le aiuole; pare sia arrivato quassù importato dai padri benedettini.
Da noi è una «Schutzpflanze», pianta protettrice, da usare per il battesimo del bebè — un rametto va infilato nelle fasce —; nei mazzolini per i funerali — fra le dita del defunto e nelle corone sulla bara —; e anche per i matrimoni, nel mazzetto da portare all’occhiello dello sposo e nel bouquet della sposa.