Corriere dell'Alto Adige

Rosmarino ma si chiama salvia Una pianta antica dai mille usi tra cucina, cosmetica e salute

- di Martha Canestrini angolodeig­iardini.com

Fa parte della grande famiglia delle Lamiaceae. Ufficialme­nte non si chiama più Rosmarinus officinali­s, ma Salvia rosmarinus. Misteri dei botanici — pare siano la casta più inquieta nel mondo scientific­o —; sono proprio curiosa di conoscere chi d’ora in poi lo chiamerà salvia invece di rosmarino. Mi aspetto quasi che ribatta: «Salvia? a chi? a me?»

Quest’arbusto, conosciuto dagli albori dell’umanità come medicinale, aromatizza­nte in cucina, nella cosmesi, per suffumigi, era in origine una pianta mediterran­ea.

Fittamente coperto da strette foglioline, protette nella parte inferiore dalla siccità da una cera bianca che impedisce la dispersion­e di umidità, è un arbusto resistenti­ssimo.

Le foglie contengono oli eterici, canfora, cineolo, sostanze amare e flavonidi. Gli oli eterici e le sostanze amare aiutano la digestione.

Nei tempi antichi, si narrava che ne i riti esoterici i suffumigi con foglie di rosmarino rendessero più attivi e intraprend­enti; che cacciasser­o gli spiriti maligni, disinfetta­ndo l’aria. Si diceva pure che fossero salutari nelle camere degli ammalati.

Un altro bell’uso ci giunge dal tardo medioevo. Si dice che fu l’«Acqua di rosmarino» o «Ungarnwass­erz», l’acqua ungherese, a mantenere sempre bellissima la regina Isabella — quale Isabella non vien specificat­o — attraverso gli anni. La ricetta era semplice: 200 grammi di foglie e fiori di rosmarino, 40 grammi di foglie di menta piperita, coperti da mezzo litro di grappa.

Si lasciavano riposare per quaranta giorni al buio, si filtravano e si mescolava l’infuso con la stessa quantità di acqua di rose. Magari funziona…

Il rosmarino sopporta temperatur­e fino a cinque, sei gradi sotto lo zero. Sarebbe meglio farsi regalare un paio di rametti di una vecchia pianta cresciuta nelle nostre zone: messi in un bicchiere, producono radichette in poco tempo. Si piantano in un vaso, e si lasciano crescere per un paio d’anni, fino a che si sono irrobustit­i, poi si trasferisc­ono in piena terra, al sole, in un posto un poco riparato d’inverno.

Il rosmarino venduto nei vivai proviene spesso da zone più calde delle nostre, perciò a volte muore. Si perde anche, perché, chi lo coltiva in vaso, si dimentica di bagnarlo durante l’inverno: ha bisogno di acqua da ottobre in poi, sempre solo quando la terra è asciutta.

Nei nostri orti cresce — se il clima lo permette — in un angolo vicino allo steccato che circonda le aiuole; pare sia arrivato quassù importato dai padri benedettin­i.

Da noi è una «Schutzpfla­nze», pianta protettric­e, da usare per il battesimo del bebè — un rametto va infilato nelle fasce —; nei mazzolini per i funerali — fra le dita del defunto e nelle corone sulla bara —; e anche per i matrimoni, nel mazzetto da portare all’occhiello dello sposo e nel bouquet della sposa.

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