UN SAGGIO RINVIO
Non deve certo fare gridare allo scandalo la decisione assunta ieri dalla giunta regionale di fare slittare le elezioni comunali del 3 maggio. Nessun vulnus alla democrazia, nessun tragico errore come ventilato da alcuni politici nei giorni scorsi. In una situazione, come quella che stiamo vivendo, in cui tutto è in discussione — a cominciare dal nostro modo di vivere — anche la complessa macchina elettorale ha l’obbligo di fermarsi. Una scelta che avrà indubbiamente delle ricadute.
Ma è il ritmo quotidiano scandito dall’effetto coronavirus, il vero nemico che si è insinuato tra di noi, che impone la riscrittura dell’agenda. In Trentino Alto Adige, che ricordiamo detiene piena autonomia in campo elettorale, si è giunti alla decisione del rinvio dopo avere constatato l’impossibilità di portare avanti una campagna elettorale regolare. Bene quindi ha fatto la giunta regionale ad annullare il tutto, anche se nei giorni scorsi si erano elevate voci poco propense a modificare lo status quo. Tra i commenti favorevoli al voto subito, uno è stato alquanto gettonato tra i politici di casa nostra: «Rinviare il voto — la tesi in voga — vorrebbe dire trasmettere all’esterno un messaggio pericoloso che potrebbe avere pesanti ripercussioni sul nostro territorio».
Da sempre tutto quello che comporta improvvisi cambi di rotta può avere delle implicazioni. E infatti spostare le elezioni significa muoversi su un terreno impervio, irto di ostacoli. Detto ciò, in questo momento la preoccupazione maggiore legata a possibili ricadute d’immagine va a toccare altri contesti rispetto a quello politico, in primis il turismo. Un comparto da sempre traino dell’economia regionale e attualmente al centro di pesantissimi attacchi: le dichiarazioni della Germania che ha inserito l’Alto Adige nella lista nera dei luoghi da evitare; per non parlare della decisione dell’Austria di procedere alla chiusura del confine del Brennero, vietando l’ingresso dall’Italia ad auto, treni e aerei. Misure draconiane destinate ad inasprire i rapporti tra i due Paesi e che allo stesso tempo dimostrano quanto sia ancora fragile l’alleanza tra territori (Trentino, Alto Adige, Tirolo) all’interno dell’Euregio. Nei giorni scorsi si era infatti trovata un’intesa per evitare di alzare muri al Brennero; tale accordo ieri è stato capovolto, scatenando l’ira di Confcommercio che ha chiesto al governo di rispondere all’Austria usando la stessa fermezza. Vedremo cosa, e soprattutto come, replicherà Roma.
Tornando al rinvio del voto del 3 maggio, va detto che in una simile decisione è racchiusa la piena consapevolezza delle difficoltà che sta attraversando il Paese, senza con questo voler generare ulteriori allarmismi. Vuol dire, in buona sostanza, essere responsabili; essere dentro una comunità e non ai margini, indicare una strada da percorrere. In fondo la politica è anche questo.
La campagna elettorale sin qui è stata inevitabilmente ovattata e difficilmente avrebbe subito un’accelerazione nei prossimi giorni stante la diffusione del coronavirus a livelli sempre più preoccupanti. Molti, a tale proposito, hanno osservato che il problema dell’assenza o quasi di incontri fisici in verità non sussiste, in quanto ci sono strumenti tecnologici capaci di superare l’impasse aprendo nuovi scenari. Il virtuale insomma che diventa protagonista, con i social network che impongono i temi, i cinguettii che fanno da colonna sonora, i «mi piace» che certificano la validità o meno di una proposta, gli hashtag che avviano tormentoni senza fine. Dentro un simile show, in verità, siamo già immersi da tempo, il virus lo sta solo certificando.
Però si può pure argomentare, senza tema di smentita o di venire etichettati troppo polverosi, che la vera campagna elettorale — soprattutto per quanto concerne la scelta dei sindaci, i rappresentanti più vicini al sentore dei cittadini — rimane quella del contatto diretto, del porta a porta, delle riunioni nelle anguste cantine affollate di gente. La vera campagna elettorale è quella che ti fa guardare in faccia i candidati, possibilmente senza intermediazioni esterne. Perché anche le sfumature, gli accenti, i modi di porsi hanno la loro importanza. Soprattutto nell’era digitale, che tutto vuole fagocitare.
La cancellazione delle elezioni del 3 maggio non è pertanto un vulnus alla democrazia, ribadisco, bensì un tentativo di salvaguardare il protagonismo della stessa democrazia. Un punto di vista da non considerare antiquato, relegato solo alla storia, ma una scelta intelligente in tempo di coronavirus.