«Qui cadiamo come birilli»
Rubino (Fimmg): «Noi in prima linea, ma senza strumenti adeguati»
BOLZANO «Stiamo cadendo come birilli». Luigi Rubino, 68 anni di cui 42 spesi nella professione medica, è seriamente preoccupato per sé e per i propri colleghi, a suo dire mandati allo sbaraglio in prima linea a combattere il coronavirus, senza mezzi adeguati (già due positivi fra loro). «Noi siamo determinati a stare in trincea, ma non ce la facciamo se il sistema sanitario non ci passa l’essenziale» sottolinea con rammarico il segretario provinciale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg).
Rubino, c’è un’emergenza nell’emergenza?
«Esatto. Noi medici di famiglia vogliamo essere riforniti dei dispositivi di sicurezza necessari, a tutela nostra e dei nostri assistiti. Siamo il primo filtro verso i cittadini che si rivolgono a noi per cure e consigli in un momento straordinario. All’Asl chiediamo aiuto fin dalla comparsa dei primi casi, ma siamo stati fin qui inascoltati. Guanti ancora ne abbiamo, ma le mascherine non si trovano più. Se noi lavoratori rimaniamo infettati, non solo viene meno un presidio ma, per paradosso, possiamo diventare veicolo di diffusione della malattia. Non possiamo attendere ancora per le risposte, comunque tardive».
Altrimenti?
«Altrimenti i colleghi spingono per proteste radicali. Io, come loro, sono molto arrabbiato ma sto facendo il possibile per contenere le spinte più di rottura. Non nascondo che si è parlato anche dell’ipotesi di chiudere gli ambulatori, per dare un segnale. Prima la politica ha minimizzato, poi ha temporeggiato e, infine, ha assunto provvedimenti. Ma è passato troppo tempo e il quadro ora è seriamente preoccupante. Passino le promesse non mantenute sulle tasse, ma sulla salute non si scherza».
Che fare, allora?
«Credo vada chiuso tutto quel che non è essenziale e si debba controllare con estrema serietà che i cittadini si attengano alle prescrizioni. In Cina ha funzionato. E dove in Italia è stato fatto con prontezza, vedi Codogno, iniziano ad arrivare i primi segnali di arretramento del virus. Serve responsabilità, nessuno si senta chiamato fuori. Ma anche una riflessione a posteriori su come i tagli alla sanità pubblica ora si scontino nell’emergenza, con medici e infermieri sempre più anziani, blocco del turnover nel tempo, taglio dei posti letto, carichi più pesanti sui medici di famiglia che hanno indebolito un sistema sanitario d’eccellenza mondiale. In Alto Adige sono stati fatti pochissimi tamponi, presumo per andare al risparmio, e ora ci troviamo a fronteggiare questa situazione».
Come possono i cittadini tutelarsi, senza sovraccaricare strutture e ambulatori?
«Ci vorrà tempo per arrivare al vaccino e, dunque, stare in casa. Se ci sono sintomi, contattare noi medici di famiglia per una prima valutazione. Certo, di fronte al dilagare odierno, spiace dover constatare che sono stato tra quelli che, purtroppo inascoltati, fin dall’inizio, avevano chiesto di tenere alta la guardia».