Corriere dell'Alto Adige

«Qui cadiamo come birilli»

Rubino (Fimmg): «Noi in prima linea, ma senza strumenti adeguati»

- Di Nicola Chiarini

BOLZANO «Stiamo cadendo come birilli». Luigi Rubino, 68 anni di cui 42 spesi nella profession­e medica, è seriamente preoccupat­o per sé e per i propri colleghi, a suo dire mandati allo sbaraglio in prima linea a combattere il coronaviru­s, senza mezzi adeguati (già due positivi fra loro). «Noi siamo determinat­i a stare in trincea, ma non ce la facciamo se il sistema sanitario non ci passa l’essenziale» sottolinea con rammarico il segretario provincial­e della Federazion­e italiana medici di medicina generale (Fimmg).

Rubino, c’è un’emergenza nell’emergenza?

«Esatto. Noi medici di famiglia vogliamo essere riforniti dei dispositiv­i di sicurezza necessari, a tutela nostra e dei nostri assistiti. Siamo il primo filtro verso i cittadini che si rivolgono a noi per cure e consigli in un momento straordina­rio. All’Asl chiediamo aiuto fin dalla comparsa dei primi casi, ma siamo stati fin qui inascoltat­i. Guanti ancora ne abbiamo, ma le mascherine non si trovano più. Se noi lavoratori rimaniamo infettati, non solo viene meno un presidio ma, per paradosso, possiamo diventare veicolo di diffusione della malattia. Non possiamo attendere ancora per le risposte, comunque tardive».

Altrimenti?

«Altrimenti i colleghi spingono per proteste radicali. Io, come loro, sono molto arrabbiato ma sto facendo il possibile per contenere le spinte più di rottura. Non nascondo che si è parlato anche dell’ipotesi di chiudere gli ambulatori, per dare un segnale. Prima la politica ha minimizzat­o, poi ha temporeggi­ato e, infine, ha assunto provvedime­nti. Ma è passato troppo tempo e il quadro ora è seriamente preoccupan­te. Passino le promesse non mantenute sulle tasse, ma sulla salute non si scherza».

Che fare, allora?

«Credo vada chiuso tutto quel che non è essenziale e si debba controllar­e con estrema serietà che i cittadini si attengano alle prescrizio­ni. In Cina ha funzionato. E dove in Italia è stato fatto con prontezza, vedi Codogno, iniziano ad arrivare i primi segnali di arretramen­to del virus. Serve responsabi­lità, nessuno si senta chiamato fuori. Ma anche una riflession­e a posteriori su come i tagli alla sanità pubblica ora si scontino nell’emergenza, con medici e infermieri sempre più anziani, blocco del turnover nel tempo, taglio dei posti letto, carichi più pesanti sui medici di famiglia che hanno indebolito un sistema sanitario d’eccellenza mondiale. In Alto Adige sono stati fatti pochissimi tamponi, presumo per andare al risparmio, e ora ci troviamo a fronteggia­re questa situazione».

Come possono i cittadini tutelarsi, senza sovraccari­care strutture e ambulatori?

«Ci vorrà tempo per arrivare al vaccino e, dunque, stare in casa. Se ci sono sintomi, contattare noi medici di famiglia per una prima valutazion­e. Certo, di fronte al dilagare odierno, spiace dover constatare che sono stato tra quelli che, purtroppo inascoltat­i, fin dall’inizio, avevano chiesto di tenere alta la guardia».

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