Ospedali sotto pressione: sospese visite e operazioni non urgenti
Protezione civile, alzato il livello d’allerta. Un piano per arruolare infermieri
Continuano a salire i contagi da coronavirus in Alto Adige. Ieri sono arrivati a 77, 25 in più rispetto al giorno prima. Di questi, 44 sono ricoverati in ospedale, per lo più nel reparto di Malattie infettive di Bolzano, 5 in Terapia intensiva a Merano.
Intanto l’Azienda sanitaria sta già cercando infermieri da reclutare nei quattro comprensori di Bolzano, Bressanone, Brunico e Merano.
Il bollettino
I dati diffusi ieri dall’Asl parlano anche di 350 persone in isolamento domiciliare e di altre 17 (positive al test ma asintomatiche) che si trovano in quarantena nella caserma Baisi di Colle Isarco. «Fra chi ha bisogno di assistenza sanitaria non ci sono solo over 65 (che sono i soggetti più a rischio in caso di contagio, ndr) — spiega il direttore generale Florian Zerzer —. C’è anche gente più giovane».
Sono stati 500 i test effettuati finora su 250 persone. «Come da protocollo — riprende — i tamponi vengono fatti su chi è stato in contatto stretto con pazienti sintomatici e con chi si presenta autonomamente in ospedale con i sintomi della polmonite». Non ci si concentra, insomma, su un’area specifica del territorio, anche se, ammette il direttore generale, «tanti test sono stati effettuati nelle aree dove c’è stato maggior movimento turistico, e dove ci sono stati casi di turisti contagiati». E cioè in val Gardena.
Il preallarme «bravo»
Nel primo pomeriggio di ieri la Protezione civile ha portato l’allerta a livello «bravo» (il terzo su quattro) fino al 3 aprile. Come spiega ai microfoni della Rai Rudolf Pollinger, direttore dell’Agenzia per la protezione civile, «è la prima volta che viene attivato per fenomeni che non siano catastrofi naturali».
Si tratta di un pre-allarme che scatta «quando un evento richiede un intervento coordinato, ma può comunque essere gestito come situazione d’emergenza convenzionale». La motivazione: «emergenza epidemologica per il diffondersi della malattia Covid-19». Gli scenari possibili: «rischio di contagio elevato tramite contatti sociali e probabile pericolo di mantenimento dei servizi di sanità pubblica». L’appello, ancora una volta, è a prendere sul serio le disposizioni delle autorità.
Sospese tutte le visite non urgenti
L’Asl ha deciso di sospendere tutte le prestazioni differibili in tutti gli ospedali, «presumibilmente fino al 6 aprile». E cioè le prime visite specialistiche, quelle di controllo, le operazioni non urgenti. Fanno eccezione le visite ostetriche, oncoematologiche, oncologiche, oncologiche pediatriche, quelle di controllo per i piani terapeutici e le prime vaccinazioni per bambini e quelle per i pazienti a rischio.
Sono sospese anche le sanzioni per le mancate disdette degli appuntamenti.
Non sarà necessario contattare il Centro unico di prenotazione provinciale (Cupp), perché saranno gli stessi addetti dell’Asl a telefonare ai pazienti che hanno prenotato le visite. Ieri sono partite le prime telefonate. «Cerchiamo, dove possibile, di trasformarle in colloqui telefonici — spiega un operatore —. Negli altri casi posticipiamo gli appuntamenti».
L’obiettivo è quello di ridurre gli accessi alle strutture ospedaliere per contenere il rischio di contagio e per sgravare il personale dal lavoro aggiuntivo, considerato che l’Asl ha messo a disposizione medici e infermieri per le prestazioni legate direttamente all’emergenza coronavirus come quelle del pre-triage (lo smistamento preventivo degli accessi ai reparti di Pronto soccorso).
Il piano assunzioni per gli infermieri
I numeri aumentano, e di pari passo anche il bisogno di personale. Tanto che l’Asl si prepara ad «assunzioni straordi
Il direttore generale Tanti tamponi nelle aree turistiche. Anche giovani fra i ricoverati
narie» di infermieri per un massimo di 6 mesi. E questo anche senza patentino di bilinguismo o dichiarazione di appartenenza a un gruppo linguistico. Il «bando» è aperto anche al personale in pensione.
Ma, come sottolinea Massimo Ribetto (Nursing Up) in una lettera inviata ad Asl e Provincia, «gli operatori in prima linea vanno tutelati. Servono dispositivi di protezione individuale, presidi di barriera, spazi per l’isolamento dei casi sospetti e il potenziamento dell’organico. Oltre a disposizioni per concedere ai professionisti di accudire i figli rimasti a casa».
I tamponi sul personale sanitario
«La priorità assoluta della sanità — ribadisce l’Asl — è quella di rimanere attiva e avere a disposizione personale sufficiente». È questa la motivazione alla base del nuovo decreto ministeriale che consente di effettuare test sul personale che potrebbe essere entrato in contatto con pazienti affetti da coronavirus. «Così — spiegano gli esperti — non sarà più necessario mandare il personale sanitario in isolamento domiciliare per 14 giorni, permettendo loro di continuare a svolgere i propri compiti. A condizione, ovviamente, che abbiano tutti i dispositivi protettivi necessari».
L’allarme rientrato
Intanto, fa sapere ancora la Rai, a Bressanone si è rischiato il caos, tanto che si è valutata l’ipotesi di chiusura dell’ospedale dopo che due medici di due reparti distinti sono risultati positivi ai test per il coronavirus dopo essere entrati in contatto con due persone che non hanno seguito le procedure anti-contagio.
«Sono stati effettuati oltre 50 test — ha spiegato ai microfoni l’assessore alla sanità Thomas Widmann —. Solo 3 sono risultati positivi. Il che significa che, per fortuna, possiamo mantenere aperti tutti i servizi dell’ospedale». L’episodio, tuttavia, secondo Widmann ha mostrato chiaramente «quanto il sistema sanitario sia vulnerabile se non rispettiamo le regole».