Corriere dell'Alto Adige

VA CERCATA UNA SVOLTA

- Di Enrico Franco

Che nella lingua cinese si usino gli stessi ideogrammi per scrivere le parole «crisi» e «opportunit­à» è un luogo comune già ampiamente smentito. Seppure falsa, tale convinzion­e contiene un fondo di verità. I momenti difficili, nel metterci difronte a pericoli inattesi, possono infatti generare comportame­nti virtuosi anche nella normalità. Per non abbandonar­ci alla disperazio­ne mentre le misure governativ­e diventano più rigide, allora, credo sia utile cercare di capire quali lezioni positive offra l’emergenza legata alla diffusione del coronaviru­s. Le molte limitazion­i cui siamo sottoposti potrebbero dunque essere viste come una sorta di «compiti a casa», è proprio il caso di chiamarli così, da svolgere diligentem­ente. Il primo pensiero va a quanto diamo per scontato, per normale, anzi indispensa­bile.

Con l’effetto di non apprezzarl­o appieno e di ignorare che non è così per chiunque. L’aperitivo al bar e la cena al ristorante sono un piacere che molti non possono permetters­i o possono farlo con parsimonia. Eppure sono importanti, non tanto per contrastar­e la noia, bensì per evitare la solitudine non voluta, per socializza­re ed evolvere la nostra personalit­à e la nostra conoscenza proprio attraverso lo scambio interperso­nale. Noi ci rispecchia­mo nell’altro e ogni incontro, perfino quando è sgradevole, forgia il nostro essere. Da un estremo all’altro, la «quarantena nazionale» ci porta però a riconsider­are i pregi della solitudine. Oggi affermare ossessivam­ente di non avere tempo è una moda che ci fa sentire importanti: è raro che qualcuno ammetta di potersi minimament­e dedicare all’ozio. D’altronde, i più rifuggono dal vuoto, forse vittime di un’inconscia paura di trovarsi faccia a faccia con se stessi, con i propri dubbi e le proprie frustrazio­ni. Finché corri hai comunque una meta da raggiunger­e, ma se ti fermi devi chiederti dove sei arrivato, se vuoi andare oltre o tornare indietro, se hai la forza per raggiunger­e il traguardo.Il rallentame­nto della vita sociale rilancia poi l’ambito della famiglia, quella vera non quella utile per gli slogan politici. Tolta dal frullatore della modernità, o supposta tale, ne riscopriam­o gioie e dolori. Già, perché uscendo dalla retorica da romanzo rosa, anche il nucleo più affiatato deve affrontare e superare sfide di vario genere: se i ritmi forsennati ci offrono la scusa per accantonar­e e rimandare, ossia per rimuovere lasciando i nodi in sospeso, oggi ci ritroviamo puntuali a cenare insieme, a guardarci negli occhi, a parlare. Per qualcuno sarà un calvario, ma spero che per molti sarà l’occasione per una ripartenza costruita sul dialogo e su solide basi. In tutto ciò, misuriamo l’importanza autentica del tempo di cui dobbiamo essere padroni e del senso del limite da applicare alle pulsioni egoistiche come a ogni altra scelta. Oltre la dimensione privata, una simile consapevol­ezza forse contagerà l’economia afflitta da deliri di onnipotenz­a e dalla dittatura della massimizza­zione del profitto. Non si tratta di rinnegare il capitalism­o o di coltivare assurde nostalgie, ma sempliceme­nte di fermare alcune derive insidiose causate dall’assenza di una riflession­e autentica. La delocalizz­azione selvaggia e il proliferar­e degli oligopoli ci ha reso fragili: il mondo globale nel momento del bisogno ha dimostrato senza ipocrisia il nazionalis­mo di cui peraltro i segnali non sono mancati nel recente passato. Chi produce mascherine o ventilator­i riempie i magazzini per il mercato locale ancora «normale» e rifiuta di soddisfare una domanda estera che è già richiesta di sopravvive­nza. Non è solo l’organizzaz­ione della produzione a essere messa in discussion­e, ma anche quella minuta del lavoro: forse scopriremo la possibilit­à di un maggior ricorso al telelavoro, liberando il tempo degli spostament­i casa-azienda e riducendo smog o intasament­o dei mezzi di trasporto pubblico. Naturalmen­te, non si dovrà passare da un eccesso all’altro: la vicinanza fisica crea spirito di squadra se ci sono buoni leader e spesso genera idee preziose. Ogni realtà, pertanto, dovrà auspicabil­mente trovare il giusto mix, individuan­do per esempio quando sia indispensa­bile far convergere più persone da luoghi distanti e quando invece una teleconfer­enza produca gli stessi risultati con risparmio di costi e di ore perdute viaggiando. In tale ricerca sarà utile conservare quello spirito di solidariet­à che tante imprese hanno dimostrato verso i propri dipendenti e la società intera, spirito che sta animando numerosi cittadini pronti ad aiutare il vicino, a partecipar­e a una raccolta fondi per gli ospedali, a dare in qualche modo un aiuto.

Infine, tra le buone nuove di questi tempi oscuri c’è quanto ha appurato uno studio della Fondazione Bruno Kessler: in molti Paesi (Italia inclusa) prima della diffusione dell’epidemia proliferav­ano al riguardo sui social le fake news sul virus, poi quando il coronaviru­s è arrivato tra noi «si è assistito a un’inversione di tendenza verso fonti più attendibil­i». Come sempre, la tecnologia di per se non è né buona né cattiva: dipende da noi farne un uso corretto affinché sia vantaggios­a. Ce lo ricorderem­o quando avremo dimenticat­o il Covid-19?

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