«Il virus dilagava, le protezioni fornite in ritardo»
Case di riposo, la denuncia delle Associazioni
«Fin da subito è stato chiaro che sarebbero serviti al più presto i necessari dispositivi di protezione. Lo abbiamo segnalato all’Asl, ma i rifornimenti sono arrivati con grande ritardo, quando ormai il virus si era già diffuso in alcune strutture». La denuncia arriva con una lettera aperta firmata dalle tre associazioni provinciali delle case di riposo.
«Fin da subito è stato chiaro che sarebbero serviti al più presto dispositivi di protezione come le mascherine protettive sia per i dipendenti che per i residenti. Ed è stato fin da subito segnalato all’Azienda sanitaria. Purtroppo, però, sono arrivati con grande ritardo, quando ormai il virus si era già diffuso in alcune strutture». Le associazioni altoatesine delle residenze per anziani denunciano così, in una lettera aperta, quello che potrebbe essere stato il motivo della trasmissione del virus tra ospiti e operatori.
Lettera firmata da Associazione delle residenze per anziani (ArpA), Associazione dei responsabili tecnico-assistenziali (Vpss) e Associazione dirigenti servizi agli anziani (Adsa) e diffusa nei giorni in cui in tutta Italia proseguono, a tappeto, le indagini nelle rsa. «Già a partire dal 5 marzo — scrivono — prima ancora che il governo imponesse il divieto di ingresso nelle strutture, l’ArpA ha previsto la chiusura delle residenze e il divieto di visite esterne. Quattro giorni dopo l’Arpa, insieme all’Ufficio anziani, ha costituito un apposito comitato anticrisi per fornire fornisce supporto e consulenza in questa situazione emergenziale, filtrando ed elaborando nuove informazioni. Sono
state 18 le comunicazioni trasmesse, ad oggi». Ma sulla distribuzione dei dispositivi di protezione individuale, nonostante le richieste all’Azienda sanitaria, ci si è mossi in ritardo. «La fornitura non è stata in tutti i casi appropriata, e i tempi entro i quali sono stati resi disponibili i risultati dei test sono stati, molte volte, troppo lunghi. L’Arpa ha organizzato di propria iniziativa l’approvvigionamento, con una spesa di 300 mila euro provenienti da donazioni».
Quanto ai test, la procedura prevede «che ogni anziano residente in struttura e ogni dipendente con sintomi simil-influenzali vengano segnalati al responsabile sanitario della residenza, al medico responsabile e al responsabile tecnicoassistenziale. I residenti vengono immediatamente isolati, mentre i dipendenti risultati positivi lasciano immediatamente il posto di lavoro e vengono mandati a casa. La decisione di effettuare o meno un test è però di competenza dell’Ufficio igiene». Si è discusso, spesso, dell’eventualità di svolgere test a tappeto nelle strutture. «Potrebbe aiutare a contenere la diffusione del virus — sostengono le associazioni — ma i risultati avrebbero valore al massimo per una settimana».
Associazioni che si difendono anche dalle accuse di «aver riposto le salme in sacchi per l’immondizia. Non è vero, usiamo i contenitori usati anche negli ospedali». E anche da quelle di lasciar morire da soli gli anziani: «Credeteci, nessuno muore da solo e isolato nella sua stanza.. I nostri collaboratori lo accompagnano, sia professionalmente che umanamente e, a seconda della biografia della persona deceduta, anche spiritualmente e religiosamente».
Operatori ai quali va il ringraziamento delle associazioni per «il lavoro eccezionale svolto ogni giorno. I rapporti interpersonali, in particolare, sono diventati ancora più importanti nelle ultime settimane. È il nostro personale che ascolta gli anziani, che offre loro parole di conforto o che, semplicemente, è presente per loro. E che cerca di far mantenere i rapporti degli ospiti con i rispettivi familiari attraverso vari mezzi di comunicazione, tra i quali le videochiamate».
Il referente Ci hanno accusati di infilare le salme in sacchi dell’ immondizia Falso, nessuno è lasciato morire solo