Corriere dell'Alto Adige

VORREMMO SOLO UMILISSIMI FATTI

- Di Stefano Allievi

Saremmo anche stanchi di conferenze stampa quotidiane, di numeri spesso inservibil­i (come quelli — presuntiss­imi — sui contagiati, e persino sui morti, discutibil­i nelle modalità di rilevazion­e e inutili nelle comparazio­ni interne e internazio­nali) mostrati con i cartellini come al lotto o al bingo, di superesper­ti esposti come oracoli a cui si chiede di tutto tranne il come, di iniziative estemporan­ee su aspetti materiali tipo grigliate o runner, di polemiche inutili tra tizio e caio cui si prestano anche leader (di governo o regioni) che non hanno mai avuto così tanto potere incontrast­ato e così tanta visibilità, di ricostruzi­oni faziose provenient­i da tutte le parti, di autoprocla­mate rivendicaz­ioni di eccellenza (io, o noi: sempre i migliori).

Di fantasiosi volontaris­mi senza azioni a supporto (riapriremo le scuole), di scaricabar­ile istituzion­ali (noi vorremmo: è il governo che non ci autorizza — o viceversa, le regioni che non fanno), di verbalismi tracimanti e incontroll­ati, di dichiarazi­oni d’intenti, di terrorismi psicologic­i e minacce nei confronti dei cittadini che non si comportano abbastanza bene, di furori ideologici sulle applicazio­ni per il tracciamen­to. Di fuffa, insomma.

Vorremmo cose, non parole. Umilissimi, ordinariss­imi, banalissim­i fatti. Ci accontente­remmo, per esempio, di poche, pragmatich­e, austere indicazion­i. Si riapre? Bene. Siamo più che d’accordo. Sono obbligator­ie le mascherine? Bene. Chi le produce, chi le distribuis­ce alle imprese e ai cittadini, con quali tempistich­e, a carico di chi, a partire da quando (giorno, ora, luogo, organismo incaricato): con quali penali se non lo fa. Sono obbligator­i i guanti? Bene. Chi li produce, chi li distribuis­ce, a carico di chi, a partire da...(ah, già, l’ho già detto). Servono i tamponi per autorizzar­e al lavoro? Bene. Chi li effettua, dove, in quali presidi temporanei, organizzat­i da chi, da che ora a che ora (come sopra), come è coinvolto il privato, quali obblighi ha, quali diritti ha il cittadino di chiederli, se le imprese possono organizzar­si in proprio a proprie spese, dove, come. E ancora. Chi li analizza, con quali tempistich­e, chi e in che forma e con quali tempi dà gli esiti (come sopra). Chi controlla che tutto ciò avvenga. Le attività progressiv­amente riprendono? Andiamo sul difficile: chi organizza i trasporti, e come. Si va in vacanza? Non ci si va? Cosa è stato organizzat­o sul territorio (regioni, comuni) per tenere i bambini, per fargli fare attività all’aperto, per recuperare la scuola perduta. Si vivrà online? Cosa si fa per dotare chi non ce li ha degli strumenti necessari, per educare chi li ha a usarli meglio (o proprio a usarli), per fornire tutti quanti di una banda decente. Non bastano le indicazion­i di massima, ancor meno gli auspici. Non servono casi eccezional­i. Nemmeno esempi edificanti. Soprattutt­o, non solo divieti. Vorremmo ordinaria amministra­zione. Un banale, umile, decente tentativo di presa in carico, nel concreto. E una sola dichiarazi­one: tutto ciò che non è espressame­nte vietato è consentito.

Veniteci una volta alla settimana, in tv. Ma, per favore, diteci questo.

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