L’Ire: l’emergenza costerà 2,5 miliardi
La richiesta: test sui dipendenti per aiutare la ripresa in sicurezza
Secondo l’Ire, l’Alto Adige potrebbe pagare un prezzo della crisi più alto rispetto al resto d’Italia: -11% del Pil, 2,5 miliardi.
Anche l’Istituto provinciale di statistica prova a calcolare l’impatto della pandemia: «Nello scenario peggiore balzo all’indietro del 20% rispetto al 2019»
BOLZANO L’Alto Adige potrebbe pagare la crisi più duramente del resto del Paese secondo l’Istituto di ricerca economica (Ire) della Camera di commercio territoriale. Se per l’Italia la flessione stimata per il Prodotto interno lordo (Pil) annuo arriva a un pur severissimo meno 9,1%, per la provincia di Bolzano l’ipotesi peggiore è un meno 11%, pari a una perdita sopra i 2,5 miliardi di euro, a fronte di 24 miliardi e 908 milioni di Pil locale nel 2018.
Tendenze che verranno approfondite in un’indagine che Ire sta conducendo nelle aziende altoatesine con l’istituto di ricerca Eurac, i cui risultati saranno elaborati nelle prossime settimane, ossia quando per il centro statistico provinciale Astat potrebbe essere già sfumato tra il 3,8% e il 5,6% del Pil, con lockdown protratto tra i due e i tre mesi. Le cause? Nell’economia altoatesina hanno un peso preponderante alcuni tra i settori più colpiti dalla serrata: automotive, commercio al dettaglio, turismo. «I primi effetti sul mercato del lavoro sono emersi già a marzo — rileva lo studio Ire — con il numero degli occupati dipendenti sceso del 4,5% rispetto allo stesso mese 2019, soprattutto per effetto della chiusura del comparto turistico». Tendenze allineate con quelle prospettate da Astat che, nel lungo periodo, prevede addirittura un possibile tonfo fino al 20% annuo, cioè circa 5 miliardi evaporati, qualora tutto andasse per il verso storto.
La portata dell’arretramento dipenderebbe tanto da elementi aleatori — per esempio una prolungata durata della o la possibile insorgenza di nuovi focolai, prevedibili secondo i ricercatori solo in maniera limitata —, quanto dalla reattività del sistema economico, a partire dalle scelte politiche di indirizzo, con un ruolo preponderante del pubblico. «Si rendono necessari interventi massicci di sostegno — sostiene Alfred Aberer, segretario generale della Camera di commercio altoatesina — in stretta collaborazione tra Provincia, sistema bancario, istituzioni statali ed europee».
Istanze richiamate pure da Michl Ebner. «Auspichiamo che tutte le aziende possano riaprire prima possibile nel rispetto delle disposizioni sulla sicurezza — afferma il presidente dell’ente camerale — e siamo a favore dell’impiego di più test per il coronavirus».
Claudio Corrarati condivide la linea. «Lo scenario delineato da Ire e Astat è quanto mai realistico — rimarca il presidente territoriale degli artigiani di Cna — e si rafforza la necessità di mettere in campo misure importanti in aiuto alle aziende». Per Corrarati prioritario concentrare risorse sulla Fase 2, monito rivolto anzitutto alla Provincia. «Vanno calibrati bene i prossimi investimenti — prosegue —. È stato annunciato un investimento tra i 40 e i 60 milioni di euro per un nuovo Polo dell’economia in cui insediare l’agenzia di sviluppo Idm e altre strutture pubbliche. Crediamo serva un momento di riflessione per valutare se convogliare queste risorse verso le casse delle aziende e il rilancio della filiepandemia ra corta in Alto Adige, come prevede peraltro il piano Restart Alto Adige, messo a punto proprio da Idm, per accelerare i tempi della ripresa».
Dalla barricata dei lavoratori Cristina Masera pone l’accento più sul metodo che sul merito. «Dobbiamo uscirne in modo coeso e creativo — ragiona la segretaria generale Cgil Alto Adige — con attenzione alle sostenibilità sociali, a strumenti per le famiglie, in cui i genitori saranno richiamati progressivamente in produzione, mentre le scuole sono chiuse». Insomma, i soldi non siano indirizzati solo sulla tenuta dei bilanci aziendali. «La manifattura ha le carte in regola per riprendersi — sostiene ancora Masera — e, dunque, voglio credere che il -11% ipotizzato da Ire sia particolarmente pessimista. Se si riprenderà a lavorare entro maggio, ci sarà certamente un arretramento, ma non così drammatico».
Gli investimenti maggiori, dunque, dovrebbero essere indirizzati alla riqualificazione del turismo. «Settore strategico e duramente colpito — conclude la sindacalista —: la riprogettazione va fatta in funzione della qualità, non della quantità, con visione e sensibilità ambientale».
Le voci Aberer: «Necessari massicci interventi di sostegno» Masera: «Se stiamo uniti ne usciamo manifattura settore cruciale»