Corriere dell'Alto Adige

Vaia Cube, le casse costruite con gli abeti della Val di Fassa

- Fabio Bozzato

Dalla tempesta è nata una cassa musicale: in comune hanno il nome, Vaia. E il legno, quello degli alberi abbattuti nell’ottobre 2018, 42 milioni di esemplari su oltre 42 mila ettari di Dolomiti. Di fronte a quello spettacolo terribile e alla quantità di legno diventato inutilizza­bile per le grandi strutture, tre giovani profession­isti, Federico Stefani, Paolo Milan e Giuseppe Addamo, hanno messo in piedi una loro impresa, la Vaia srl. «Volevamo fare qualcosa di concreto. Da qui l’idea di usare quel legno per creare un oggetto di design che potesse anche lanciare un messaggio forte e allo stesso tempo sostenere la ripresa del territorio». E così è nato il Vaia Cube, che è valso loro il riconoscim­ento di Forbes tra i 100 talenti under 30, leader delle migliori imprese sociali in giro per il mondo.

Federico, originario di Pergine Valsugana, è laureato in Internatio­nal Management e lavora a Bruxelles per il Dipartimen­to Risorse Umane della Nato. E’ lui che ha coinvolto Paolo, compagno di studi a Ferrara, e Giuseppe, una laurea in comunicazi­one d’impresa,

incontrato al Festival dell’impresa di Vicenza.

A fine settembre è nata la società e a fine anno il prodotto era pronto, disponibil­e online (vaiawood.eu). A rendere ancora più interessan­te il progetto è che una parte di ricavi è destinata alle comunità locali e ai loro artigiani, oltre al fatto che a ogni vendita viene ripiantato un albero. Un perfetto esempio di economia circolare e sostenibil­e. Si erano dati come obiettivo 5000 nuove piante e sono già arrivati a 5200. Pronti per essere piantumati quest’estate. «Quando si decide di comprare Vaia, si sta comprando un prodotto che viene da quel preciso territorio colpito con il legno caduto proprio lì e lavorato da un falegname della zona - sottolinea Federico Stefani - . Si diventa quindi parte di un circolo virtuoso, dando un supporto concreto e importante». I Vaia Cube hanno una splendida acustica, spiegano i tre progettist­i. Tra i materiali usati, infatti, spicca l’abete rosso della Val di Fassa, da sempre destinato ai violini. Per di più, «ogni prodotto presenta un spaccatura, realizzata da un falegname con un’ascia che segue la venatura naturale del legno ormai rotto. Per noi è il segno tangibile della foresta ferita. E il risultato è che ogni cube è un pezzo unico». I tre giovani hanno coinvolto di recente Etifor, spin off dell’Università di Padova, che offre consulenza nei progetti legati alla gestione responsabi­le delle risorse naturali.

Ma questo è il primo passo: «Il nostro obiettivo - promettono - è valorizzar­e le materie prime provenient­i da tutti quei luoghi colpiti da calamità naturali».

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Federico Stefani con Paolo Millan e Giuseppe Addamo
Ideatori Federico Stefani con Paolo Millan e Giuseppe Addamo

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