Corriere dell'Alto Adige

Ieri il sopralluog­o dei tecnici Ispra: «Vari tentativi prima dell’evasione, rivela una forza fuori dal comune»

- Ma. Gio.

La zona è più o meno sempre la stessa: la parte alta della Marzola, in un luogo impervio e difficilme­nte raggiungib­ile. È lì che M49 si è rifugiato dopo la seconda, rocamboles­ca fuga dal Casteller. E non sembra essersi mosso granché: qualche centinaia di metri durante la giornata, ma nulla in confronto alle decine di chilometri macinate nei periodi di latitanza in giro per il Trentino orientale. Una stranezza? Niente affatto. Il plantigrad­o non è ferito. E il fatto che non si muova è legato allo stress da cambiament­o, provocato dalla fuga. Uno stress che potrebbe durare ancora qualche giorno, per poi lasciare di nuovo spazio alla voglia di vagabondag­gio dell’orso più famoso d’Italia. Questa volta, però, a marcarlo stretto sono i forestali della Provincia. Che grazie al radiocolla­re riescono a seguire i movimenti di Papillon quasi in tempo reale. Nel frattempo, si continua nell’attività di informazio­ne. Ma come si agira per catturare M49? La tecnica sarà quella della trappola tubo. E mentre proseguono le proteste degli ambientali­sti, ieri sono saliti al Casteller i ricercator­i di Ispra per verificare la regolarità del recinto divelto da Papillon. «Probabilme­nte — è il resoconto dei tecnici — M49 ha fatto diversi tentativi prima di riuscire a fuggire». Anche in punti diversi della recinzione. «I tondini che formano la rete di recinzione — scrivono i tecnici — non sono affogati nel calcestruz­zo, caratteris­tica che probabilme­nte ha contribuit­o a rendere meno difficolto­sa la rottura della rete». Però, ammettono, «pur consideran­do la mole dell’animale, la forza e la determinaz­ione mostrate dal soggetto appaiono fuori dal comune». «Inefficace», anche questa volta, la rete elettrica.

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