Il sentiero di Freud: una passeggiata tra larici e aforismi
In Alto Adige tra larici e pini la passeggiata con gli aforismi del padre della psicanalisi Era il suo luogo d’ispirazione
Il sentiero collega Soprabolzano e Collalbo in Alto Adige. Le due località, da sempre calamite di turismo estivo, sono connesse anche dal trenino, a cremagliera, frutto della Belle Époque. Ma inoltrarsi camminando, per un’ora e 5,5 chilometri, è tutt’altra cosa. Un sentiero di ghiaia. L’interno di un bosco, larici, pini, lamponi e albicocchi. Lo spettacolo delle Dolomiti. Le villette in legno che le ricche famiglie di Bolzano si sono costruite come rifugi di frescura, già sul finire dell’Ottocento. Lungo il sentiero 13 panche, ognuna con un aforisma ritagliato dalle carte di Sigmund Freud.
Benvenuti alla Freudpromenade, uno dei gioielli naturalistici dell’altipiano di Renon e piattaforma culturale per turisti curiosi, visitatori slow, solitari e non, ma comunque in cerca di un nido per i propri pensieri. Il sentiero è stato inaugurato nel 2006, in occasione dei 150 anni dalla nascita del maestro della psicanalisi. L’iniziativa l’ha presa Imago Ricerche, l’associazione bolzanina di psicanalisi applicata, con il sostegno delle amministrazioni locali e dell’Apt di Renon. Ma la paternità di questo progetto, arricchito nel 2016 con le panche disegnate dagli architetti David e Verena Messner, è tutta di Francesco Marchioro. Originario di Montegrotto Terme, in provincia di Padova, psicanalista e storico della psicanalisi, quando si trasferisce a Bolzano fonda l’associazione e dà il via a una ricca attività culturale attorno alla figura di Freud. E così racconta quanto sia profondo il legame tra il maestro austriaco e l’altipiano.
«Tutto ha inizio nel febbraio del 1911», dice Marchioro. Lo rivela una lettera inviata a Carl Gustav Jung: «Per la prossima estate ho bisogno di un posto in cui possa essere solo e di un bosco nelle vicinanze». Il fatto è, continua Marchioro, che «per undici mesi all’anno Freud è assorbito ogni giorno dal via vai incessante di pazienti, oltre al suo lavoro di ricerca, studio e scrittura. Il mese estivo è il suo «problema insolubile», come lo chiama: ha bisogno di allontanarsi, immergersi nella natura, ritrovare la dimensione della sua infanzia, quel villaggio della Moravia dov’è nato». In quel 1911 parte da Vienna con l’amico e allievo Sandor Ferenczi: in sei giorni gira i dintorni di Trento e Bolzano. Sembra soddisfatto: il 31 luglio è con la famiglia a Collalbo. Hotel Post, oggi Hotel Bemelmans-Post. Il 14 settembre festeggia le nozze d’argento con la moglie Martha. In Alto Adige Freud sembra rinascere. E’ un gran camminatore. E un insaziabile viaggiatore: il primo tour in Italia risale al 1895, a Venezia, dove tornerà sette volte. E poi in giro per la penisola, fino in Sicilia. Riflette Marchioro: «Lui stesso scrive che in terapia un paziente si comporta come un viaggiatore seduto vicino al finestrino, osserva il paesaggio e racconta a voce alta tutto ciò che vede al passeggero seduto dietro. Per Freud il viaggio, come la terapia, è un lungo percorso interiore».
Qui sul Renon inizia a scrivere Totem e Tabù, unico testo redatto fuori da Vienna, con Il delirio e i sogni nella Gradiva di Jensen, elaborato a Lavarone, in Trentino. In Totem e Tabù prova a scandagliare la dimensione religiosa, il rituale come nevrosi ossessiva: sa di sollevare un terreno irto di potenziali nemici, tanto che in una missiva a
Ludwig Binswanger ammette di temere che «dopo la pubblicazione non saro certamente più ammesso in Tirolo».
Non sarà così.
L’Alto Adige potrebbe aver a che fare con Totem e Tabù? Sembra di sì. In quella stessa lettera racconta: «La frequenza delle immagini del Signore Iddio qui in Tirolo, più numerose di quanto non fossero i Signori Pellegrini fino a poco tempo fa, mi ha spinto a studi religioso psicologici».
Francesco Marchiori riflette: «Freud è sicuramente influenzato dalle tante leggende di castelli incantati, dimore di gnomi e giganti, esseri misteriosi e mistici. E il territorio, che lui amava percorrere, è fitto di guglie e campanili e piramidi di terra».
Insomma, «l’Alto Adige gioca un ruolo di primo piano nella vicenda freudiana». Non solo per il maestro, ma anche per la figlia Anna: «Lei viene nel 1913 e nel 1921, oltre a passare un intero inverno a Merano nel 1912. Scrive al padre ogni tre giorni». E ancora: «Questi luoghi sono così attraenti che poi altri analisti, allievi di Freud vi si rifugiano».