Corriere dell'Alto Adige

GÜNTHER, UN PORTIERE SPECIALE

- Di Luca Malossini

Stadio Martelli di Mantova, 16 giugno 1985. In campo ci sono Trento e Ospitalett­o che si giocano la promozione in C1.

Sugli spalti circa quattromil­a tifosi trentini. A difendere la porta gialloblù, Günther Mair. In panchina a guidare la squadra arrivata con il fiato corto alla fine del campionato, Bruno Baveni, già protagonis­ta di un altro vittorioso spareggio contro il Padova al Bentegodi di Verona cinque anni prima. Era sempre giugno, il 13, festa di Sant’Antonio, patrono dei biancoscud­ati. Ad esultare fu però San Vigilio. Corsi e ricorsi storici. A Mantova i tempi regolament­ari chiudono con un nulla di fatto. Così i supplement­ari. Si va ai calci di rigore. E qui, scende in campo l’imponderab­ile, il fato. Ma quel giorno il Trento ha un’arma in più: un portiere speciale. Günther Mair si trova in una giornata di grazia che rimarrà nella storia — sicurament­e travagliat­a ma anche ricca di emozioni — del Calcio Trento. Questo ragazzone, nato a Merano, para tre rigori e con Salvatore Lomanno, che nonostante i crampi trova la freddezza necessaria per mettere in rete il penalty decisivo, diventa l’eroe di Mantova. Sì, un eroe: sportivame­nte parlando. Il calcio è una disciplina che riesce a creare figure mitiche. Per la piazza di Trento, Mair è stato una di queste. Sempre rispettato anche a distanza di trentacinq­ue anni. Günther, essendo un portiere e non un attaccante, fa parte di quella categoria che per guadagnars­i i titoli dei giornali ha dovuto superarsi, andare oltre l’ordinario: come parare appunto tre rigori in uno spareggio- promozione. Dicono che i portieri devono possedere riflessi, forza esplosiva, senso della posizione, il tutto condito con un pizzico di sana follia. Mair era anche un combattent­e, disse qualche anno fa l’allora presidente, Giorgio Grigolli, celebrando proprio la partita del Martelli. Con i suoi guantoni scrisse una pagina che ancora oggi è appesa nei ricordi della gente che affollava il Briamasco, nonostante retrocessi­oni, fallimenti, rinascite, ricadute. Ricordare Mair quindi mentre esulta con il secondo portiere, Alberto Betta (oggi al fianco del presidente Giacca nella costruzion­e di un Trento competitiv­o), dopo l’interminab­ile serie di rigori, è un doveroso omaggio a colui che assieme ai suoi compagni ci ha fatto vivere e assaporare, come tifosi, la gioia di una vittoria. Sofferta, tirata, ma proprio per questo ancora più bella. Grazie, Günther. Buon viaggio.

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