Bonus 600 euro, verifica sui politici trentini
L’autodenuncia di Zannini: «Senza lavoro per due mesi e da consigliere prendo 400 euro lordi» Savoi (Lega): «Espelleremo i consiglieri provinciali se coinvolti». Gianmoena: lasciate fuori i Comuni
TRENTO «È una vergogna che parlamentari o consiglieri regionali abbiano chiesto il bonus di 600 euro». Non usa mezzi termini Alessandro Savoi, presidente della Lega Trentino, per commentare la vicenda dei «furbetti» del bonus Inps. Oltre ai cinque deputati, anche 2mila tra consiglieri e assessori comunali, provinciali o regionali avrebbero chiesto il sussidio. «Se ci fosse un consigliere provinciale trentino della Lega tra questi furbi gli chiederei di dimettersi. È una vergogna anche — aggiunge Savoi — che ci sia anche una norma che permette queste cose». Il presidente della Lega invoca trasparenza: «Spero che l’Inps comunichi tutti i nomi. Cose del genere rovinano l’immagine di un partito».
«I primi a dimettersi dovrebbero essere quelli che hanno scritto una norma del genere senza inserire un limite di reddito, perché qualche furbo si trova sempre», rimarca Filippo Degasperi, consigliere provinciale del gruppo Onda civica Trentino e membro dell’Ufficio di presidenza del Consiglio. Che aggiunge una frecciata alla maggioranza: «Anche i contributi a fondo perduto trentini seguivano questa logica. Noi avevamo proposto un tetto con un emendamento, ma ci è stato bocciato. Vedremo se usciranno scandali anche da questa misura». Per il momento non si hanno notizie di consiglieri provinciali trentini che hanno usufruito del bonus. «Se ci fosse qualche consigliere provinciale trentino ad aver richiesto il bonus — commenta
Degasperi — non chiederei subito le dimissioni. Aspetterei prima il giudizio politico degli elettori alle elezioni di settembre, per capire se anche loro condannano politicamente queste scelte». Tutti sottolineano come sia necessario fare un distinguo, invece, per i consiglieri comunali, che ottengono dal loro impegno in Comune compensi molto distanti da quelli percepiti dai membri di Parlamento o Consigli regionali: «Guadagnano poche centinaalcuni ia di euro — commenta Savoi —, il discorso è diverso». «Non dobbiamo fare populismo spicciolo — fa eco Degasperi —. Se alcuni consiglieri comunali hanno richiesto il bonus è perché hanno avuto bisogno come gli altri cittadini».
Posizioni condivise anche da Paride Gianmoena, presidente del Consorzio dei Comuni trentini: «Non capisco come sia possibile comparare le due cose — commenta — perché fare il consigliere in
Degasperi Chi ha fatto la legge non ha previsto un limite di reddito: si dimetta
Comuni significa fare volontariato assumendosi grandi responsabilità». Una carica senza appeal, tanto che molti Comuni trentini presenteranno liste uniche alle prossime elezioni: «Una situazione che testimonia la difficoltà a completare le liste e il fatto che essere consigliere non porta vantaggi economici».
Ad esporsi in prima persona è stato Jacopo Zannini, formatore con partita Iva e consigliere comunale di Trento nel gruppo «L’altra Trento a Sinistra». Zannini ha rivelato su Facebook di aver chiesto il bonus per i mesi di marzo e aprile, esprimendo sostegno ad Anita Pirovano, la prima consigliera comunale (di Milano) ad aver rivendicato la scelta. «In quei due mesi non ho lavorato — spiega Zannini — e mi sono trovato senza reddito. Fare il consigliere mi porta circa 400 euro lordi in gettoni di presenza. I soldi del bonus, non potendo lavorare, mi sono serviti per pagato l’affitto come altri normali cittadini».