Il referendum, la Regione e quella costante agonia
In altre parole, si negherebbe una soggettività politica autonoma della Regione e, di conseguenza, si eliminerebbe il titolo fondamentale per l’esercizio di qualsivoglia funzione di governo.
È evidente che quest’ultimo assetto corrisponde alla realtà delle cose quali già oggi sono del tutto operative, come a più riprese posto in rilievo da chi coerentemente propone un radicale adattamento dell’istituzione regionale (se non, addirittura, la sua eliminazione) e come indirettamente confermato dall’assordante silenzio delle istituzioni regionali stesse a fronte della minaccia di sottoposizione a questo intervento di orchiectomia.
Ma è altrettanto evidente che, qualora l’esito del voto referendario risultasse favorevole alla conferma della revisione, chi — soprattutto fra le forze politiche in Trentino — sostiene una futura valorizzazione della Regione proprio con l’attribuzione di nuove competenze di governo (come del resto prospettato dalla Consulta trentina per la revisione dello Statuto speciale) si troverebbe in palese e contraddittoria difficoltà se pretendesse poi di apparire come difensore ed anzi sostenitore di una Regione potenziata. La dinamica richiama l’immagine della tela di Penelope: si ostenta, di giorno, di tessere a Trento per poi disfare, di notte, a Roma.
Come sempre, l’autonomia speciale richiede un margine di riflessione ulteriore e un’assunzione di responsabilità istituzionale anche da parte di noi cittadini.