Primiero, la fiaba narrata in una baita
Una rappresentazione teatrale in una baita a pochi minuti di cammino dal paese. È l’esperimento avviato a San Martino di Castrozza, dove viene proposto «Cuore freddo» di Wilhelm Hauff.
TRENTO Nel periodo complesso che la nostra società sta sperimentando, alla ricerca di un equilibrio tra vivere nella pandemia e tornare alla normalità, anche il teatro e la montagna stanno ridefinendo la loro relazione.
In tal senso a San Martino di Castrozza è in corso un interessante esperimento che si chiama Storie naturali. La rappresentazione è ambientata in una baita, a pochi minuti di cammino dal paese. È dedicata a un pubblico limitato, in osservanza alle norme di distanziamento sociale in vigore, ma vuole comunque creare un’atmosfera raccolta intorno a riflessioni sul rapporto tra uomo e natura. Monica Codena è l’autrice e coreografa, ha lavorato per dare alla fiaba Cuore Freddo di Wilhelm Hauff la forma di una rappresentazione teatrale con accompagnamento musicale (con Sergio Marchesini alla fisarmonica).
Ne abbiamo parlato con Stefano Scandaletti, che porta sulla scena il personaggio di Peter Munk, un giovane carbonaio che cerca una «scorciatoia» verso la propria auto affermazione.
Qual è il suo rapporto con la montagna?
«Vengo sulle Dolomiti fin da quando ero bambino, ho una casa a San Martino e lo scenario delle Pale mi è sempre stato caro. La montagna è una tradizione di famiglia, io la preferisco quando non ci sono troppi turisti in giro. Amo questo luogo perché è facilmente raggiungibile, ma qui si apre tutto un mondo “selvatico” che ritengo fondamentale per recuperare quello che la città non mi può dare».
Quali sono preferisce? i luoghi che
«Mi piace la montagna al confine tra bosco e roccia, è una dissolvenza che non smette mai di affascinarmi. Amo posti come i Piani della Cavallazza. Mi piace camminare, almeno tre ore al giorno, spesso con i miei cani. La ritengo quasi una scelta dovuta, venire qua a riequilibrare i ritmi della città».
Ma oggi si riesce ancora ad andare in montagna accettando la montagna stessa? O la gente si porta la città anche in quota?
«La montagna è cambiata poco, la gente invece molto. Una volta non tutti volevano sapere esattamente la durata di un’escursione, non c’era quest’ansia di arrivare in un determinato punto, per mangiare o scattarsi un selfie. Le seggiovie non erano sempre in funzione: lo dico senza polemiche nei confronti degli impianti, ma come una considerazione su chi e come li utilizza. Andare in montagna è come leggere un libro: è un testo che la gente del luogo, chi lavora e fatica da sempre qua, sa interpretare con grande saggezza. Ma, al giorno d’oggi e nella maggior parte dei casi, le persone che arrivano in montagna non vogliono più imparare. Solo in città la gente è disposta a faticare; in
Stefano Scandaletti
Al giorno d’oggi le persone che arrivano in montagna non vogliono imparare. Solo in città la gente è disposta a faticare. In palestra, perché spende per l’abbonamento
palestra, perché ci spende soldi dell’abbonamento. Storie naturali vuole anche essere una proposta per ritrovare un rapporto sano con la montagna».
iL’escursione per arrivare alla baita quindi è parte dell’esperienza stessa che proponete?
«Sì. Purtroppo, vista la situazione legata alla pandemia, questo nostro primo anno è dovuto iniziare con un semplice assaggio di quello che vuole essere la nostra proposta. Per ora siamo riusciti a organizzare una breve camminata — comunque accompagnata — per arrivare alla baita dove verrà inscenata la rappresentazione. Iniziamo quest’anno con un quarto d’ora, ma vogliamo crescere insieme al nostro pubblico. Ci saranno varie repliche, per permettere la partecipazione anche in tempi nei quali facciamo i conti con il distanziamento sociale».
La rappresentazione riguarda una fiaba per adulti antica, ma allo stesso tempo attuale. Come viene raccontata la montagna?
«Cuore Freddo inizia con “se un giorno andrete a fare una gita nella Selva Nera”, il che ci porta subito in un mondo che per Hauff è un futuro diverso da un mondo che sta perdendo. L’autore vive un periodo storico nel quale la civiltà industriale propone un modello di vita che rinnega la tradizione per il progresso. Il fiume non serve più ad attingere l’acqua da bere, ma per fare correre il legname verso le segherie in valle».
Il protagonista della storia abbraccia questo nuovo stile di vita?
«Peter Munk vive la foresta delle proprie inquietudini, delle proprie insoddisfazioni. Ma non è capace di affrontare le sue paure, o non vuole. Per cui cerca una scorciatoia per il successo, cerca la comodità. Sente di vivere un destino ingiusto e lo vuole bypassare, costi quel che costi».
È un personaggio universale. Si è identificato nelle sue sofferenze?
«Ho ritrovato un percorso simile nella mia vita, perché il nostro modello di civiltà è una continua tentazione a trovare una soluzione veloce ai problemi. E poi la modalità narrativa della fiaba per adulti è potente: ha quella magia delle storie tramandate, che sanno parlare alle persone anche a distanza di centinaia d’anni».
L’autore della fiaba ha avuto una vita breve, ma che non gli ha impedito di esplorare le più diverse ambientazioni nell’insieme delle sue opere. Qual è l’elemento comune?
«Hauff avverte che il mondo, per come lo conosce, si sta sgretolando a una velocità che è sintomo di un cambiamento mai visto. È stato proprio questo l’elemento più interessante per noi, oggi è decisamente attuale. Suona come un invito a considerare con attenzione le potenzialità del progresso, un processo che nasconde diverse opportunità ma anche molte insidie».