MINORANZE, LA SVOLTA DI VIENNA
Tra Vienna e Lubiana la diplomazia è al lavoro da tempo e domani i risultati si vedranno concretamente anche sotto forma dell’installazione di una segnaletica stradale bilingue sloveno-tedesco per indicare l’abitato di Sele-Sielach. Si tratta di una delle 27 frazioni di Sittersdorf, cittadina della Carinzia meridionale al confine con la Slovenia. Il 10 ottobre ricorre infatti il centenario del referendum — previsto dal trattato di pace di St. Germain, lo stesso che assegnò il Tirolo meridionale all’Italia — che si tenne nella Carinzia del Sud per decidere se quel territorio doveva rimanere con l’Austria o passare al nascente regno Sloveno-croato-serbo che lo rivendicava perché abitato in buona parte da popolazione di lingua slovena. Vinsero coloro che erano favorevoli a rimanere con Vienna. Ma l’Austria, anche dopo il secondo conflitto mondiale, non fu mai di larghe vedute, diciamo così, nella tutela e nel rispetto dei diritti delle proprie minoranze nazionali. Si va da quelle slovene alle croate ed ungheresi sino alle ceche e e rumene, eredi dello scioglimento dell’Impero asburgico.
Restano così storiche le battaglie per avere una toponomastica bilingue e non solo tedesca: dopo varie vicende e tante polemiche ci fu per il territorio dove vive la minoranza slovena un compromesso nel 2011 e, ad esempio, 11 delle 27 frazioni del Comune di Sittersdorf ottennero una cartellonistica bilingue.
Non però Sele-Sielach i cui abitanti fecero di tutto per vedersi riconosciuto questo diritto. Ma l’opposizione degli austriaci — qualunque fosse il colore politico dei governi locali — fu grandissima. Ora invece, con la benedizione anche del sindaco Jakob Strauss ( un socialdemocratico che in passato si era invece sempre tenacemente opposto alla segnaletica bilingue) le cose sono improvvisamente cambiate: sì ai cartelli stradali Sele-Sielach e lo si fa «come segno oltremodo simbolico del legame con la popolazione di lingua slovena oltre che come necessità per poter costruire un futuro di pacifica convivenza tra i due gruppi linguistici»’. Parole sante, verrebbe da dire e del tutto eguali a quelle usate dalle nostre parti. Domani saranno così in Carinzia il presidente austriaco Alexander van der Bellen e il suo omologo sloveno Borut Pahor. Sarà una giornata all’insegna della pace, della riconciliazione, del rispetto e della collaborazione per molti versi simile a quella che c’è stata recentemente a Trieste con il presidente Mattarella e lo stesso
Pahor. Tutto questo — val la pena di ricordarlo — è stato reso possibile dalla comune adesione all’Unione europea ed ai suoi valori anche della Slovenia (2004) come già era da tempo per I’Italia (1958, Paese fondatore) e poi per l’Austria (1995). Un’Unione dunque mai sufficientemente apprezzata nelle terre di confine come la nostra e come quelle austro-slovene. Ed è proprio grazie alle sollecitazioni europee — portate avanti a Vienna dall’Associazione delle minoranze linguistiche di quel Paese — che a Vienna il governo Kurz-Verdi ha a sorpresa deciso di varare un nuova, più moderna e soprattutto più aperta legge a favore delle proprie minoranze nazionali d’Austria. Alla buon’ora, vien da dire, per un paese che si è preso tanto rigorosamente a cuore la propria minoranza in Italia ma molto, molto meno, si è interessato delle minoranze nazionali in territorio austriaco.
La tutela delle minoranze è nella Carta costituzionale viennese, ma non è mai stata presa troppo sul serio dai vari governi tanto che sin troppo spesso è stata la magistratura, con ricorsi sino alla Corte costituzionale, ad imporre qualche iniziativa alla politica, come nel caso della cartellonistica stradale. In questa riforma uno degli elementi più qualificanti dovrebbe riguardare il diritto all’insegnamento scolastico delle (o nelle) lingue minoritarie. Lo stesso Pahor alla vigilia della visita non ha potuto non ricordare questo poco esemplare comportamento austriaco verso le proprie minoranze nazionali. L’appuntamento di domani finisce così per avere una connotazione molto importante. Non solo per l’Austria ma anche per noi. Non sarebbe così davvero male se i rappresentanti politici della minoranza tedesca in Italia quel giorno fossero presenti a Sele-Sielach dando una mano ad installare quel cartellone stradale bilingue. E dessero a tutte le minoranze d’Austria qualche consiglio per diventare a loro volta tra quelle più tutelate d’Europa. Meglio sarà invece evitare di dare consigli su come arrivare all’autodeterminazione o come creare uno stato autonomo, magari sbeffeggiando nel frattempo — in nome della libertà di pensiero e di parola, ovviamente — giorno dopo giorno quello austriaco ed i suoi simboli.