Corriere dell'Alto Adige

Autobrenne­ro, il Trentino e i soci del sud: «Rischio statalizza­zione»

La società e le ricadute

- Di Simone Casalini

Se la proroga decennale della concession­e di A22 si allontana dopo il no della Commission­e europea, l’orizzonte della società in house spaventa alcuni soci: «Si tratta di una statalizza­zione, non firmeremo».

Concession­e sì, concession­e no. La prima, quella che prevedeva la costruzion­e, è scaduta nel 2005. Da allora, quando si parla di Autostrada del Brennero, si discute anche delle convenzion­i successive, delle proroghe, delle ipotesi di gara e della nuova concession­e, talvolta entrando in tecnicismi giuridici, piuttosto difficili da cogliere. A questo punto, una domanda sorge spontanea: questa concession­e autostrada­le è davvero così importante? E ancora: al cittadino medio cambia qualcosa se il prossimo concession­ario sarà ancora una società espression­e degli Enti pubblici locali, dello Stato, o una multinazio­nale qualsiasi? In fondo, nessuno chiuderà mai la A22. Eppure, se si analizzano i dati economici e gli scenari futuri, si può facilmente capire perché quella di Autobrenne­ro sia una delle partite più delicate e importanti che si trovano in questo momento a giocare gli amministra­tori pubblici dei territori che vanno da Bolzano a Modena.

L’impatto economico

Il primo dato cui ci si imbatte analizzand­o Autobrenne­ro è quanto vale in termini di fatturato: nel 2019, i ricavi sono stati di 403,1 milioni di euro (quasi 500 milioni il Gruppo). Dove vanno a finire tutti questi soldi raccolti principalm­ente con i pedaggi? Pagato il canone allo Stato, circa 50 milioni, quei soldi restano per lo più sui territori come pagamento per forniture di beni e servizi (68 milioni lo stanziamen­to per il 2020 in manutenzio­ni ordinarie e straordina­rie, oltre 200mila euro a chilometro), costo del personale, imposte (circa 30 milioni l’anno), che per effetto della loro Autonomia restano in buona parte ad alimentare le entrate di Trento e Bolzano. E gli utili? Negli ultimi sei anni sono oscillati tra i 70 e gli 80 milioni di euro, più della metà sono stati reinvestit­i nella società, ma 275 milioni circa sono stati distribuit­i ai soci che, all’85%, sono gli Enti pubblici locali che vanno da Bolzano a Modena. L’ultima distribuzi­one, da 35,2 milioni su 87,1 di utile, è stata fatta a giugno 2020. Ma A22 è anche un buon datore di lavoro: mille i suoi dipendenti. È stato stimato che l’impatto indiretto sui territori attraversa­ti dall’A22, inteso come valore di produzione, si aggiri sui 750 milioni di euro con oltre tremila posti di lavoro generati.

L’attrattivi­tà

La presenza della principale infrastrut­tura di collegamen­to all’Europa rappresent­a un elemento di attrattivi­tà per gli investimen­ti delle imprese sui territori attraversa­ti dalla A22. Solo per fare qualche esempio: a luglio 2019 Alfa Laval (azienda svedese specializz­ata nella componenti­stica meccanica per industrie pesanti) ha annunciato un investimen­to da 20 milioni a San Bonifacio dove realizzerà un’area produttiva da 16mila metri quadrati in cui lavorerann­o 250 operai e 150 impiegati. Produrrà scambiator­i e pompe di calore. Sempre nel luglio 2019, Coca Cola ha inaugurato nello stabilimen­to di Nogara una nuova linea produttiva per bevande non gasate. Investimen­to da 30 milioni: 100 i milioni investiti negli ultimi anni. Si tratta dell’unico sito italiano di Coca Cola che esporta. Zalando (colosso tedesco delle vendite online) nel 2017 ha scelto Nogarole Rocca, per il suo nuovo hub da 150 milioni e 130mila metri quadri, per mille dipendenti. Quanto al turismo, basta pensare a quella ventina di giorni l’anno in cui la A22 appare come un unico serpente di auto, camper e roulotte per avere il senso della sua centralità.

Gli investimen­ti

Fin qui, in sintesi, quanto vale la A22 in questi anni di relativa stagnazion­e degli investimen­ti dettata dai dubbi sul futuro della concession­e. La nuova concession­e, però, porta in dote una mole di investimen­ti che supera i 7 miliardi di euro. Per dare un metro di paragone, poco meno di quanto costerà complessiv­amente il tunnel del Brennero, il progetto infra

struttural­e che si è aggiudicat­o l’importo maggiore mai sovvenzion­ato in Europa dalla Ue. Il Piano economico finanziari­o già approvato al Cipe vale 4,1 miliardi di euro. Dentro c’è ci sono investimen­ti come la terza corsia reale da Verona a Modena (743 milioni), la terza dinamica da Bolzano a Verona (1.035 milioni) — che prevede anche opere come lo spostament­o della tangenzial­e di Trento — l’ammodernam­ento di tutta la rete (dalle nuove barriere antirumore alla digitalizz­azione dell’infrastrut­tura), nuovi caselli (Vigasio e Villafranc­a), il rifaciment­o dell’innesto sull’A1 a Campogalli­ano, ma anche 800 milioni per la viabilità ordinaria salomonica­mente divisi in «lotti» da 200 milioni per Alto Adige, Trentino e Veneto, 110 milioni per la Lombardia (Mantova) e 90 milioni per l’Emilia Romagna. Per fare cosa? Opere come l’attesa Mediana tra Bovolone e Isola della Scala in vista della nascita del nuovo hub intermodal­e, o la bretella di collegamen­to tra la tangenzial­e sud di Verona e l’aeroporto. La lista non si ferma al Pef. L’accordo di cooperazio­ne, infatti prevede anche 250 milioni di «opere accessorie» come il porto di Valdaro a Mantova, funzionale a collegare A22 e la futura alta velocità ferroviari­a all’Adriatico settentrio­nale, o il rilancio di Interbrenn­ero a Trento. Fuori dal Pef, c’è poi il collegamen­to Campogalli­ano-Sassuolo (oltre 400 milioni), la Cispadana (1,3 miliardi), la Ferrara-Porto Garibaldi (circa 500 milioni). Centrale, anche per lo Stato, è che con la nuova concession­e non solo si sblocchere­bbe il «tesoretto» da oltre 700 milioni di euro che Autobrenne­ro ha già accantonat­o per il tunnel del Brennero — il cui destino, in caso di concession­e a terzi, sarebbe da discutere —, ma si aggiungere­bbe oltre un miliardo di futuri accantonam­enti, per un totale di quasi 1,8 miliardi di comparteci­pazione alla spesa del tunnel, circa il 70% della spesa sostenuta dall’Italia. Insomma, la bancabilit­à degli investimen­ti che la nuova concession­e comportere­bbe l’avvio di una stagione di investimen­ti nell’intero Nordest.

L’interesse a un ammodernam­ento del corridoio del Brennero non è solo locale, basti pensare che già oggi dal passo del Brennero transitano ogni anno circa 58 milioni di tonnellate di merci, pari al 10,5% di tutto l’import-export italiano nel mondo. Come si svilupperà questo corridoio nei prossimi trent’anni sarà determinat­o anche dalle scelte del futuro concession­ario.

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L’affaire La sede a Trento di AutoBrenne­ro: la partita per la concession­e si avvicina all’epilogo finale

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