Incombe il lockdown «duro»
Intanto Roma si allinea e inserisce l’Alto Adige tra le regioni «rosse». Tamponi, esercito in campo: allestite le tende Crescono ancora i ricoveri, possibile stop anche per le attività produttive. Aziende e sindacati: lavoro a rischio
«Non abbiamo alternative, altrimenti collassa tutto il sistema sanitario». Widmann porta avanti la linea per un lockdown «pieno» come quello di questa primavera. Oggi la decisione della giunta.
BOLZANO Istituita domenica sera e recepita anche da Roma la zona rossa generalizzata, la Giunta provinciale oggi deciderà se proclamare da domani un lockdown «pieno», fotocopia di quello vissuto a marzo-aprile. Urgenza posta espressamente da Thomas Widmann, di fronte ai tassi di occupazione dei posti letto ospedalieri: 99% nei reparti non Covid-19, 61% nelle Terapie intensive. Percentuali che segnano un poco invidiato primato nel Paese e inducono l’assessore alla Sanità a chiedere misure ancora più incisive: «Non abbiamo alternative, altrimenti collassa l’intero sistema sanitario». Un allarme che preoccupa le categorie produttive che, a propria volta, tirano la giacca di Arno Kompatscher, chiedendo non sia decretato un blocco generalizzato. «Salute e lavoro non sono in conflitto tra loro, ma devono sostenersi a vicenda per garantire il benessere sociale» ammoniscono sindacati e Assoimprendtori.
Partita aperta
Kompatscher che non ha avuto remore nell’istituire la zona rossa provinciale chiudendo da ieri fino al 22 novembre bar, ristoranti e quasi tutti i negozi (riconosciuti essenziali alimentari, farmacie, edicole, tabaccherie, lavanderie, onoranze funebri), rimane cauto su un giro di vite ulteriore. «Non è il momento di speculazioni e discussioni esterne alla giunta — puntualizza il presidente altoatesino —. L’assessore Widmann, legittimamente, dice che serve ancora più rigore. Io so che non è facile trovare un equilibrio che tuteli lavoro dei cittadini, reddito delle famiglie, esigenze sociali. Finita la sessione di giunta di domani (oggi per chi legge, ndr), se emergessero esigenze particolari, ci confronteremo con sindacati e imprese. E se fosse necessario, in attesa anche dei dati del Comitato tecnico scientifico (Cts), faremmo un nuovo passaggio con il Governo».
Categorie in allarme
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Il confronto
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ko soprattutto le fabbriche che vivono di export. L’esortazione è a far proseguire le produzioni, nel rispetto dei protocolli di sicurezza. «Finora in nessuna Regione italiana e in nessuno dei maggiori Paesi europei è stata fermata l’attività produttiva — viene osservato in un documento comune —. Decidere una simile misura esclusivamente per la Provincia di Bolzano, significherebbe colpire soprattutto le imprese che lavorano sui mercati internazionali. Se costrette a stare ferme, verrebbero sostituite con altri fornitori e molto difficilmente riuscirebbero a riconquistare i clienti persi all’estero». E per Apa Confartigianato lo stop eventuale, decreterebbe la morte di diverse piccole e medie attività. «Questa volta i danni sarebbero maggiori rispetto a quanto avvenuto in primavera — sostiene il presidente Martin Haller —. In quell’occasione per tirare avanti molte ditte hanno dovuto utilizzare le riserve economiche, esaurendole. Si prospetta un esito fatale che metterebbe a rischio innumerevoli posti di lavoro».
Preoccupazioni che non sfuggono a Widmann che, però, vede un’emergenza superiore. «A marzo - ragiona — abbiamo chiuso tutto con 42 casi Covid-19 in Alto Adige. Ora registriamo 750 nuovi contagi al giorno e c’è ancora chi non capisce e si lamenta delle restrizioni». L’assessore auspica un lockdown rigido, ma breve, con test a tappeto. «Siamo partiti con 30 tamponi al giorno, ora ne facciamo fino a 4.000: questo è importantissimo». Per Widmann, «già adesso la pressione sugli ospedali è enorme. Ora va presa una decisione netta, se vogliamo evitare gli ospedali da campo».
Boccia plaude
Intanto la scelta di Palazzo Widmann di attuare provvedimenti più severi di quelli nazionali (da ieri zona rossa «autodichiarata» dalla giunta anche se per il governo era ancora gialla), raccoglie il plauso di Francesco Boccia. «La decisione di adottare ulteriori restrizioni rispetto a quanto stabilito — commenta il ministro degli Affari regionali — è l’esatta fotografia del regime di autonomia locale in raccordo col potere centrale. Il governo sarà vicino all’Alto Adige e a tutte quelle Regioni e Province che, pur nella discrezionalità dell’autonomia, rispetteranno le direttive del Governo esattamente come previsto dalla legge». Insomma, Roma sosterrà Bolzano, qualora decidesse di optare per il lockdown duro. E nel frattempo si allinea alle valutazioni locali classificando — con l’ingresso nel sistema dei dati più aggiornati — l’Alto Adige a tutti gli effetti in zona rossa.
Opposizioni critiche
L’ipotesi di un lockdown inasprito alimenta le critiche delle opposizioni, soprattutto di destra, pronte a dar battaglia nel consiglio provinciale odierno, convocato in videoconferenza. «L’isolamento totale ci porterà in un vicolo cieco — attaccano Andreas Leiter Reber e Ulli Mair, Freiheitlichen — vita lavorativa e scuola non devono essere toccate». Josef Unterholzner teme per le libertà fondamentali. «Si dovrebbe prestare maggiore attenzione ai valori e ai diritti» dice il consigliere di Enzian, giocando su un terreno su cui si cimenta anche Sven Knoll, capogruppo Südtiroler Freiheit. «Inutile chiudere e poi girare la testa altrove» rincara il capogruppo di Fdi, Alessandro Urzì, contestando l’assenza di ristori adeguati per aziende e famiglie. «La situazione è tesa e richiede un’azione immediata — ribatte il capogruppo Svp Gert Lanz —. Le misure vengono prese per proteggere il sistema sanitario dal collasso. Chiaro che le libertà personali ne risentono, ma è un sacrificio temporaneo per il bene superiore della comunità».