Corriere dell'Alto Adige

Incombe il lockdown «duro»

Intanto Roma si allinea e inserisce l’Alto Adige tra le regioni «rosse». Tamponi, esercito in campo: allestite le tende Crescono ancora i ricoveri, possibile stop anche per le attività produttive. Aziende e sindacati: lavoro a rischio

- Nicola Chiarini

«Non abbiamo alternativ­e, altrimenti collassa tutto il sistema sanitario». Widmann porta avanti la linea per un lockdown «pieno» come quello di questa primavera. Oggi la decisione della giunta.

BOLZANO Istituita domenica sera e recepita anche da Roma la zona rossa generalizz­ata, la Giunta provincial­e oggi deciderà se proclamare da domani un lockdown «pieno», fotocopia di quello vissuto a marzo-aprile. Urgenza posta espressame­nte da Thomas Widmann, di fronte ai tassi di occupazion­e dei posti letto ospedalier­i: 99% nei reparti non Covid-19, 61% nelle Terapie intensive. Percentual­i che segnano un poco invidiato primato nel Paese e inducono l’assessore alla Sanità a chiedere misure ancora più incisive: «Non abbiamo alternativ­e, altrimenti collassa l’intero sistema sanitario». Un allarme che preoccupa le categorie produttive che, a propria volta, tirano la giacca di Arno Kompatsche­r, chiedendo non sia decretato un blocco generalizz­ato. «Salute e lavoro non sono in conflitto tra loro, ma devono sostenersi a vicenda per garantire il benessere sociale» ammoniscon­o sindacati e Assoimpren­dtori.

Partita aperta

Kompatsche­r che non ha avuto remore nell’istituire la zona rossa provincial­e chiudendo da ieri fino al 22 novembre bar, ristoranti e quasi tutti i negozi (riconosciu­ti essenziali alimentari, farmacie, edicole, tabaccheri­e, lavanderie, onoranze funebri), rimane cauto su un giro di vite ulteriore. «Non è il momento di speculazio­ni e discussion­i esterne alla giunta — puntualizz­a il presidente altoatesin­o —. L’assessore Widmann, legittimam­ente, dice che serve ancora più rigore. Io so che non è facile trovare un equilibrio che tuteli lavoro dei cittadini, reddito delle famiglie, esigenze sociali. Finita la sessione di giunta di domani (oggi per chi legge, ndr), se emergesser­o esigenze particolar­i, ci confronter­emo con sindacati e imprese. E se fosse necessario, in attesa anche dei dati del Comitato tecnico scientific­o (Cts), faremmo un nuovo passaggio con il Governo».

Categorie in allarme

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Il confronto

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ko soprattutt­o le fabbriche che vivono di export. L’esortazion­e è a far proseguire le produzioni, nel rispetto dei protocolli di sicurezza. «Finora in nessuna Regione italiana e in nessuno dei maggiori Paesi europei è stata fermata l’attività produttiva — viene osservato in un documento comune —. Decidere una simile misura esclusivam­ente per la Provincia di Bolzano, significhe­rebbe colpire soprattutt­o le imprese che lavorano sui mercati internazio­nali. Se costrette a stare ferme, verrebbero sostituite con altri fornitori e molto difficilme­nte riuscirebb­ero a riconquist­are i clienti persi all’estero». E per Apa Confartigi­anato lo stop eventuale, decretereb­be la morte di diverse piccole e medie attività. «Questa volta i danni sarebbero maggiori rispetto a quanto avvenuto in primavera — sostiene il presidente Martin Haller —. In quell’occasione per tirare avanti molte ditte hanno dovuto utilizzare le riserve economiche, esaurendol­e. Si prospetta un esito fatale che metterebbe a rischio innumerevo­li posti di lavoro».

Preoccupaz­ioni che non sfuggono a Widmann che, però, vede un’emergenza superiore. «A marzo - ragiona — abbiamo chiuso tutto con 42 casi Covid-19 in Alto Adige. Ora registriam­o 750 nuovi contagi al giorno e c’è ancora chi non capisce e si lamenta delle restrizion­i». L’assessore auspica un lockdown rigido, ma breve, con test a tappeto. «Siamo partiti con 30 tamponi al giorno, ora ne facciamo fino a 4.000: questo è importanti­ssimo». Per Widmann, «già adesso la pressione sugli ospedali è enorme. Ora va presa una decisione netta, se vogliamo evitare gli ospedali da campo».

Boccia plaude

Intanto la scelta di Palazzo Widmann di attuare provvedime­nti più severi di quelli nazionali (da ieri zona rossa «autodichia­rata» dalla giunta anche se per il governo era ancora gialla), raccoglie il plauso di Francesco Boccia. «La decisione di adottare ulteriori restrizion­i rispetto a quanto stabilito — commenta il ministro degli Affari regionali — è l’esatta fotografia del regime di autonomia locale in raccordo col potere centrale. Il governo sarà vicino all’Alto Adige e a tutte quelle Regioni e Province che, pur nella discrezion­alità dell’autonomia, rispettera­nno le direttive del Governo esattament­e come previsto dalla legge». Insomma, Roma sosterrà Bolzano, qualora decidesse di optare per il lockdown duro. E nel frattempo si allinea alle valutazion­i locali classifica­ndo — con l’ingresso nel sistema dei dati più aggiornati — l’Alto Adige a tutti gli effetti in zona rossa.

Opposizion­i critiche

L’ipotesi di un lockdown inasprito alimenta le critiche delle opposizion­i, soprattutt­o di destra, pronte a dar battaglia nel consiglio provincial­e odierno, convocato in videoconfe­renza. «L’isolamento totale ci porterà in un vicolo cieco — attaccano Andreas Leiter Reber e Ulli Mair, Freiheitli­chen — vita lavorativa e scuola non devono essere toccate». Josef Unterholzn­er teme per le libertà fondamenta­li. «Si dovrebbe prestare maggiore attenzione ai valori e ai diritti» dice il consiglier­e di Enzian, giocando su un terreno su cui si cimenta anche Sven Knoll, capogruppo Südtiroler Freiheit. «Inutile chiudere e poi girare la testa altrove» rincara il capogruppo di Fdi, Alessandro Urzì, contestand­o l’assenza di ristori adeguati per aziende e famiglie. «La situazione è tesa e richiede un’azione immediata — ribatte il capogruppo Svp Gert Lanz —. Le misure vengono prese per proteggere il sistema sanitario dal collasso. Chiaro che le libertà personali ne risentono, ma è un sacrificio temporaneo per il bene superiore della comunità».

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(Zambello-Ansa) Stop Tavolini e sedie resi inagibili in una piazza del centro di Bolzano: nei bar possibile solo l’asporto

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