La Pusteria e i progetti contestati
Dal maso di Terento ai cubi: demolizioni e proteste. Italia Nostra: Post, danno enorme
L’abbattimento dell’Hotel Post di Dobbiaco è solo l’ultimo di una serie di operazioni edilizie che negli ultimi anni ha diviso la Pusteria. Anzi, c’è un caso ancora più recente: la demolizione del maso Josl am Pichl a Terento, risalente al 1.600 e tutelato. Negli anni si ricordano battaglie vinte e perse: dall’abbattimento ell’ex Pretura di Monguelfo fino alla realizzazione del padiglione della musica a San Candido, un «cubo» di cemento calato nel centro storico.
L’hotel Post di Dobbiaco non è l’ultima vittima delle ruspe in ragione di una mancata tutela. Come denuncia Claudia Plaickner, presidente dell’Heimatpflegeverband altoatesina, anche il complesso del maso Josl am Pichl di Colli di Terento — risalente al 1.600 e considerato uno dei più belli ed intatti della bassa val Pusteria — è stato demolito. E questo nonostante fosse (al contrario dell’hotel di Dobbiaco) sotto tutela dei beni culturali.
«Abbiamo chiesto spiegazioni alla soprintendente Karin Dalla Torre — conferma Plaickner — e il confronto è stato serrato, a tratti duro ma, riteniamo, anche importante. Abbiamo appreso che una volta rimosso il tavolato di legno, i muri hanno evidenziato uno stato di usura ormai insostenibile. La tutela è stata comunque mantenuta, ci ha confermato la soprintendente per sorvegliare al meglio la ricostruzione. Da parte nostra abbiamo però chiesto al suo ufficio anche una maggiore presenza sul territorio e ad interventi più decisi, ad evitare altri depauperamenti del nostro patrimonio».
In ogni caso, nell’ultimo quarto di secolo, l’esistenza e la salvaguardia dei beni architettonici, accreditati di un qualche valore storico ed artistico, ha avuto quasi sempre vita dura in Val Pusteria. Nel capoluogo come nei 25 comuni che ne costituiscono il comprensorio. Con rare ecceCentrale zioni. Per cominciare da queste ultime, si possono citare il Grand Hotel di Dobbiaco, salvato grazie all’acquisto da parte della Provincia, la casa dell’Organista di San Candido, strappata all’ultimo momento alle ruspe, ed i tanti storici edifici delle stazioni ferroviarie di una linea che risale al 1870. Per alcuni di questi però, ne è esempio la stazione di Brunico, si è dovuto lottare non poco, perdendo comunque il famoso Dopolavoro, quando la soluzione dell’abbattimento totale pareva già scritta. Un bene salvato ad un destino di abbattimento dalla mano pubblica è la casa Ragen di Brunico, oggi magistralmente ridestinata a scuola di musica e luogo di convegni e cerimonie nel salvaguardato e protetto cortile interno.
Un discorso a parte tocca all’hotel Posta di Brunico, per cui la tutela degli insiemi è riuscita a salvare solo l’antico portale in granito in un’anonima fisionomia che ricorda solo in parte l’imponente complesso abbattuto. In Via invece le storiche case Rech e «Senni» sono cadute negli anni ’90, nonostante le volte secolari, mentre a San Lorenzo di Sebato il nuovo Municipio è sorto, anch’esso non senza liti, al posto di uno storico maso, proprio in centro al paese. Una grossa polemica, nel 1995 ha accompagnato la distruzione dell’antica sede del Consorzio sementi della Val Pusteria, accreditata da architetti e storici di un tetto a due ripiani e con un intreccio di travi di legno, unico in valle e forse anche in Alto Adige Al suo posto, per 25 anni o quasi, un piazzale d’asfalto ha servito da stazione dei bus per Brunico.
L’abbattimento del vecchio carcere, al centro dell’attuale piazza Municipio a Brunico, è datato solo qualche anno più tardi mentre prima della fine del Millennio, a Monguelfo è caduto, fra polemiche e battaglie legali, anche il palazzo dell’ex Pretura, ricco di avvolti ed elementi architettonici d’epoca. Al suo posto, oggi, vi è un anonimo, ancorché utile, edificio polifunzionale. Avvicinandoci ai giorni nostri, il rifacimento in chiave modernistica della pavimentazione e degli arredi del centro storico di San Candido, voluto dal sindaco Josef Passler ed il cui concorso fu vinto dallo studio di Vienna in cui operava il figlio architetto, solleva dubbi e problemi pratici ancora oggi mentre molti rimpiangono il flair del passato. È storia di ieri, invece, quella del cubo di cemento armato di 9 metri per 9 che segnò l’estate del 2018 e che segnerà ancora per molti anni, a dispetto di critici, storici dell’arte e comuni cittadini, la millenaria piazza del Magistrato, sempre a San Candido. Quella che taluni definiscono una svendita agli interessi turistico televisivi della Val di Braies c’entra poco con l’arte ma molto con l’ambiente ed aggiunge il danno alla beffa: la Provincia, che ha sborsato fior di denari per finanziare
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la produzione tv, ora è chiamata a sborsarne altrettanti e forse di più per studiare, limitare e calmierare gli effetti disastrosi del turismo da selfie.
Con tali premesse, la vicenda dell’agonia e della fine dell’asburgico Hotel Post di Dobbiaco, col sospetto di plusvalenza milionaria — per quanto giuridicamente legittima — che si porta dietro, non è che la ciliegina sulla gigantesca torta della salvaguardia o meno di ciò che, a suo modo, rappresenta e racconta la storia di questa terra.