I colori della natura negli scatti preziosi di Albert Ceolan
Fotografo appassionato di paesaggi, Ceolan colleziona premi: «Il segreto? Prepararsi»
La passione per la natura e per le Alpi: è questo il segreto delle immagini che hanno portato il nome di Albert Ceolan in ogni angolo del globo. Oggi il fotografo di Salorno, sessant’anni di cui trenta trascorsi dietro a un obiettivo, è il più ricorrente tra i finalisti delle competizioni internazionali che selezionano scatti di flora, fauna e paesaggi tra le istantanee più belle scattate in tutto il mondo. Reduce dal recente International Garden Photographer of the Year, dove ha vinto il primo posto della sezione «The Spirit of Trauttmansdorff» con Campi di riso, l’artista altoatesino è entrato a far parte da due anni del prestigiosissimo patrimonio fotografico digitale di Getty Images, che ha acquisito l’archivio completo di Ceolan le cui foto compaiono ora su Time, History e sono usate dalla Bbc.
Un successo planetario dovuto a una sensibilità spiccata per l’ambiente. «Sono figlio di contadini - racconta il fotografo sudtirolese -. Mio papà lavorava il terreno per il conte Cored e, con i miei sette fratelli, sono cresciuto in un maso aiutando i miei genitori nella raccolta dell’uva e delle mele. Avevamo le mucche in casa: quello agricolo è un mondo che sento totalmente mio. Ho sempre abitato vicino ai boschi e questo contatto con la natura non mi ha mai abbandonato».
La fotografia arriva tardi, un talento scoperto per caso. «La prima macchina fotografica era una “Nikon F” e ce l’ho ancora, perché ha un certo valore commerciale oltre che affettivo - ammette Ceolan -. L’avevo comprata da un amico di Salorno, poi sono andato in vacanza in Puglia con Cinzia, che ora è mia moglie, e per la prima volta ho usato una macchina analogica seria. Ho fatto quattro rullini di foto e non ne è venuta una. Un miserabile inizio - sorride -. Ero abituato alle compatte con un solo tasto, invece alle reflex bisognava cambiare tempi e diaframmi». Così Ceolan, all’epoca commesso in un supermercato, si è messo di buona lena e ha iniziato a studiare i rudimenti della fotografia. «Per parecchi anni, non potendo permettermi una camera oscura, ho sviluppato i negativi in bagno: non era molto sano, con tutti quegli acidi da respirare, però ero arrivato a ottenere buoni risultati. Le foto scattate in Val Sarentino, che mi sono valse il primo premio al Trento Film Festival della Montagna nel 1988, erano nate così: dall’ingegno».
Quando gli offrono la direzione della cooperativa di Salorno, Ceolan sceglie la fotografia. «Mi sono lanciato ammette -. Ho aperto un piccolo negozio e facevo servizi di matrimoni e comunioni, ma contestualmente avevo iniziato a vendere i servizi naturalistici a Bell’Italia. Mi sembrava un sogno lavorare per loro! Hanno iniziato ad arrivare copertine e premi». Iniziano i viaggi fotografici e nascono i libri patinati tematici sulle quattro stagioni. Dal fondovalle ai cinquemila metri di quota dell’Ortles, non c’è scorcio che Ceolan non abbia catturato con la sua macchina diventata digitale. Il paesaggio altoatesino è camaleontico, sorprendente, cambia continuamente: ciliegi, faggi, betulle e larici, così come laghi, boschi, valli e sorgenti abitate da una straordinaria varietà di flora e fauna, si tingono di colori sgargianti nei reportage del fotografo locale che cattura anche la brutalità degli eventi meteorologici. «L’anno scorso, con le immagini degli alberi sradicati dalla furia della tempesta Vaia, ho vinto il primo premio all’Igpoty Photographer of the Year - ricorda -. Volare a Londra e accedere ai giardini della Regina per essere premiato sembra impossibile: allora pensi di essere proprio sulla buona strada». La modestia, tratto forte della sua personalità, non gli impedisce di riconoscere la sua bravura. «Un bello scatto, con un po’ di fortuna, può capitare a tutti. Devi sapere cogliere l’attimo, ma anche che sentiero prendere, che piante ci sono in un certo posto - spiega -. È una delle cose più belle della fotografia: studiare e prepararsi per lo scatto. Puoi arrivare lì e catturare la prima immagine che trovi appena hai parcheggiato, o aspettare due o tre giorni per vedere il panorama con le diverse luci del giorno. Solo così arriva il lavoro migliore».