La «fatina dei prigionieri» ha 100 anni
Elsa Stefani raccoglieva e smistava le lettere gettate dai treni diretti verso i Lager
Da piccola la chiamavano «Gianburrasca», oggi Elsa Stefani compie 100 anni. Originaria di Borgo Valsugana, si trasferisce a Bolzano all’inizio della seconda guerra mondiale. Ed è qui che diventa la «fatina dei prigionieri»: in stazione raccoglie i biglietti che i deportati lasciano cadere. Messaggi per le loro famiglie che Elsa cerca di far arrivare ai destinatari. Anche quando contenevano soldi. Tanto che dopo la guerra in molto sono andati a cercarla per ringraziarla.
BOLZANO La chiamavano «Gianburrasca» e ci avevano visto lungo per il brio e il coraggio che ha portato in tutta la sua vita. Elsa Stefani compie oggi 100 anni. Una cifra tonda cui va aggiunto il racconto di una vita che emoziona. Nasce a Borgo Valsugana come seconda di sette figli nel guscio di quelle famiglie numerose che oggi non si conoscono più. È vivace: lingua veloce e pronta alla battuta: se ne accorgono in fretta genitori e fratelli. Dopo l’infanzia trascorsa a Borgo Valsugana Elsa supera il confine provinciale ed arriva in quell’Alto Adige che non ha più lasciato. Prima a Prato Isarco poi a Rencio e, nel 1939 all’alba della seconda guerra mondiale, a Bolzano.
È qui che Elsa valorizza tutto il suo coraggio non appena sente delle tradotte di militari italiani che puntavano dritte verso il campo di smistamento di via Resia in città. Alla stazione di Bolzano si trova uno spazio per dare conforto ai deportati strappando messaggi di speranza dove riesce a coglierne. I prigionieri lasciano cadere bigliettini dalle feritoie di vagoni: lei li raccoglie tutti e li custodisce. Sono quasi tutti messaggi verso le famiglie, spesso gli ultimi di una vita, che Elsa cerca di far arrivare ai destinatari. Un giorno ne raccoglie uno con una cospicua somma di denaro e l’indirizzo dei beneficiari. Non ci pensa due volte e lo recapita alla famiglia. Solo anni dopo, grazie ad un articolo del quotidiano Alto Adige, i destinatari riuscirono a risalire a lei ringraziandola con il cuore in mano. La chiamavano la «Fatina dei Prigionieri».
Elsa è stata una grande viaggiatrice, spinta da quel desiderio di vedere in faccia al mondo senza dimenticare le radici che la legano alla montagna. Per anni ha frequentato Carezza e Nova Ponente dove aveva affittato un maso. Qui è diventata Tante Elsa: la zia acquisita di tanti bambini che ancora oggi scendono a Bolzano solo per passare a salutarla. Rimasta vedova oggi è circondata dall’amore di cinque fratelli (età media 94 anni), dei nipoti, delle amiche e della badante Maria. «Arrivare a 100 anni? Bastano buona cucina, buon vino e un’allegra compagnia».