Quei 62 bebè nati da mamme contagiate dal Covid
Nei reparti di ostetricia e neonatologia del San Maurizio sono state assistite 150 donne positive al Covid, 62 quelle che hanno partorito durante la malattia. Il primario: «Reparto sdoppiato per garantire la sicurezza».
La nascita di un figlio è uno dei momenti più emozionanti della vita, ma nel pieno della pandemia è particolarmente importante proteggere la salute di puerpere e neonati. Lo sanno bene i medici dell’ospedale San Maurizio che ieri hanno fatto il punto della situazione nei reparti interessati, spiegando quali precauzioni sono state adottate all’inizio dell’emergenza e quali sono tutt’ora operative.
Alla videoconferenza, a cui ha preso parte anche il direttore generale Florian Zerzer, sono intervenuti Martin Steinkasserer, primario di ostetricia e ginecologia, il collega Alex Staffler, primario di terapia intensiva neonatale, e la ginecologa Micaela Veneziano. Reparti su cui la pandemia ha avuto «un impatto fortissimo, che ha generato un enorme lavoro per garantire alle gestanti, alle famiglie e ai neonati il massimo della sicurezza», ha spiegato Steinkasserer.
Gli sforzi extra compiuti dal personale hanno riguardato molteplici aspetti: dal training continuo alle criticità in rianimazione neonatale a causa dei dispositivi di protezione individuale, dalla gestione degli spazi, con la separazione dei percorsi destinati alle pazienti Covid e alle puerpere Covid-free, ai turni aggiuntivi di guardia e reperibilità medica e ostetrica dedicati all’ala coronavirus. In particolare l’individuazione di aree separate del reparto, con accessi e protocolli ben definiti per la degenza e il parto, ha richiesto un surplus di lavoro e di attenzione da parte di tutto il personale medico e infermieristico. Accortezze valide soprattutto in presenza di patologie come obesità, ipertensione o diabete che potrebbero generare complicanze aggiuntive oltre alla positività. Per questo la priorità nell’ultimo anno è stata evitare nuovi contagi tra le pazienti e i neonati con la predisposizione di ambulatori dedicati alle utenti positive.
«Il team ha partecipato a training specifici per gestire al meglio gli interventi di rianimazione neonatale — ha spiegato il primario Staffler —. In pochissimo tempo, durante la prima ondata, siamo riusciti a delineare un protocollo multidisciplinare tra i reparti di ostetricia, neonatologia, anestesia e pronto soccorso, aggiornato progressivamente». «Nella prima fase della pandemia non si conoscevano le
Veneziano
Il partner può assistere al travaglio solo dopo il tampone
conseguenze del Covid su gestanti e neonati, non esistevano linee guida o protocolli né test rapidi — ha proseguito Veneziano —. L’unica soluzione era “blindare” il reparto».
E così è nato, all’interno di neonatologia, il «reparto covid» dotato di una «zona filtro» per la sanificazione degli accessi sicuri, sala parto attrezzata con letto da parto e isola neonatale, quattro stanze di degenza, due bagni, cucina e ambulatorio. Questo ha permesso di assistere 150 pazienti con infezione da coronavirus, di cui 62 positive al momento del parto e 30 risultate contagiate solo al momento del ricovero: 90 le gravidanze portate felicemente a termine al momento della conclusione del report. Numerose anche le pazienti che hanno vissuto un decorso problematico a causa del covid: 18 le donne che hanno avuto complicanze da polmonite, 6 quelle che avevano i polmoni in sofferenza al momento del parto e 2 le puerpere finite in terapia intensiva.
«In generale, quando la situazione clinica lo permette, si cerca di favorire il contatto con il neonato alla nascita e l’allattamento al seno - precisa Veneziano -. Attualmente è anche ammessa la presenza del partner il travaglio, previa esecuzione del tampone rapido».