Vaccino alla moglie di Tait Urzì: chiarire sui riservisti
Repetto (Pd): «Verifiche doverose, ma non si usi la vicenda per avallare il valzer dei comprensori»
Fa discutere il vaccino somministrato «extra lista» alla moglie del dirigente sanitario Umberto Tait. La Asl chiude l’indagine interna: «Era l’unico modo per non sprecare dosi». l’Ordine dei medici chiede verifiche sull’operato dei responsabili del centro vaccinale. Urzì: fare chiarezza. Il Pd sente aria di «trappolone».
BOLZANO Per l’Asl è un caso già chiuso, visto che la relazione chiesta ai coordinatori del centro vaccinale è stata ritenuta esaustiva dal direttore generale Florian Zerzer. Su un’eventuale rilevanza giudiziaria la parola spetta alla Procura, cui si è rivolto «in autotutela» lo stesso protagonista dell’episodio. Si muove l’Ordine del medici, che «chiede agli organi competenti — riferisce il presidente Claudio Volanti — di verificare il rispetto della normativa sul piano vaccinale e sui criteri di priorità». E la vicenda del vaccino inoculato alla moglie 52enne di Umberto Tait, direttore del San Maurizio, resta aperta sul piano politico: l’opposizione vuole chiarezza, mentre il Pd fiuta aria di «trappolone» e chiede di non strumentalizzare il caso in vista del rinnovo (delicato anche per questioni etniche) degli incarichi nei comprensori.
L’episodio avvenuto all’Hub della Fiera è emerso ieri, ma risale a più di un mese fa. Per la precisione il 19 marzo, giornata che — come descritto nella relazione firmata dal coordinatore medico Paolo Conci, dalla referente infermieristica Astrid Santoni e dalla referente amministrativa Silke Colzani — risulta complicata: alle 15 ben 40 prenotati per la dose Pfitzer risultano assenti. A quel punto partono le telefonate per convocare sostituti. La lista «jolly» di quel giorno non basta, e si cerca un po’ dappertutto: da persone presenti in Fiera (una dose va a un addetto alle pulizie) a pazienti trapiantati. A fine turno resta una sola fiala già aperta e viene contattato Tait: di fronte all’alternativa di gettare una dose — questa la spiegazione inserita nella relazione — il direttore del comprensorio comunica la disponibilità della moglie, 52 anni, che dopo un’ulteriore attesa di un quarto d’ora viene vaccinata con Pfizer.
A rivelare il caso una denuncia anonima, ma circostanziata, firmata da «un cittadino che non è ancora riuscito a vaccinarsi», inviata alla Asl e ad alcuni quotidiani. Il caso è delicato, anche alla luce del terremoto scoppiato a Trento per il vaccino andato alla moglie del dirigente sanitario Enrico Nava, poi costretto alle dimissioni. Lo stesso commissario nazionale Francesco Figliuolo, il 15 marzo (pochi giorni prima dell’episodio bolzanino) aveva firmato un’ordinanza per precisare come le dosi avanzate a fine giornata dovessero sì andare a soggetti disponibili al momento, «ma secondo l’ordine di priorità stabilito dal piano nazionale». E ancora: il presidente dell’antimafia Nicola Morra, dieci giorni fa, aveva citato anche Bolzano tra le regioni con numero di vaccini troppo elevato nella categoria «altro» (cifra peraltro scesa a 5.319 unità, 3,4% del totale, dopo i riconteggi dell’Asl).
Zerzer difende con convinzione la buona fede di Tait. «Era tutto assolutamente regolare — commenta il direttore generale —. Ho chiesto una relazione ai coordinatori del centro vaccinale, ed è emerso come fosse urgente in quel momento trovare una qualsiasi persona disposta a farsi vaccinare. Con il centro dela Fiera ormai chiuso, si rischiava di sprecare una dose. Questa versione è stata confermata dai responsabili. Tait stesso ha fatto una segnalazione alla magistratura per dimostrare che tutto era regolare: non c’è stato alcun sopruso». «Siamo tra incudine e martello — aggiunge una voce anonima dalla prima linea delle vaccinazioni —. Se gettiamo una dose, si grida allo scandalo. Se per non gettarla chiamiamo una persona fuori dalla lista, ci fanno i raggi X...».
In consiglio provinciale c’è Alessandro Urzì che chiede di fare luce. «Il caso della moglie dell’alto dirigente dell’Asl vaccinata “saltando la fila” — scrive l’esponente di Fratelli d’Italia — pone problemi di ordine morale ma ancora, e molto di più, tecnico organizzativo. Dimostra che in Alto Adige, benché lo avessimo ufficialmente richiesto al principio della campagna vaccinale dopo almeno 12 dosi andate buttate, la “panchina vaccinale” non è mai partita. La procedura di somministrazione delle dosi avanzate è saltata, se lo stesso direttore generale dell’Asl dichiara di ritenere normale chiamare in giro amici e conoscenti, e non pescare da una lista di persone con diritto ad ottenere la vaccinazione. Inaccettabile».
Tace per ora l’assessore Thomas Widmann, che secondo i bene informati non sarebbe entusiasta della vicenda. E c’è chi ricorda come lo stesso Widmann da tempo intenda procedere con una rotazione di incarichi che toglierebbe il comprensorio bolzanino a Tait (destinato a Merano). Il Pd mette le mani avanti. «Doveroso verificare il caso — premette il consigliere provinciale Sandro Repetto —. In certe situazioni di emergenza a volte si prendono decisioni che possono ritorcersi contro l’autore. Sento aria di “trappolone”, visto che a giugno è in ballo la rotazione degli incarichi al vertice dei 4 comprensori, con il ventilato allontanamento di Tait da Bolzano. Un’operazione che presenta criticità rispetto a equilibri di rappresentanza, anche linguistica».
L’Ordine dei medici Volanti: «Gli organi competenti verifichino il rispetto dei criteri di priorità»