Anche l’università riparte con i test
L’intervista Lugli fiducioso: entro ottobre a regime
BOLZANO «Da un paio di settimane sono riprese le lezioni in presenza. Circa la metà di quelle che rientrano nella nostra offerta formativa, e in modalità ibrida: sono cioè accessibili sia fisicamente, sia virtualmente. Un’eredità positiva della pandemia. Ma in aula si presenta solo la metà degli studenti che ne avrebbero diritto, e quindi un quarto degli iscritti totali: molti non riescono a raggiungere l’Alto Adige a causa delle restrizioni imposte alla mobilità». A tracciare il quadro della situazione dell’università di Bolzano, dopo un anno di pandemia, è il rettore Paolo Lugli. Università che si è resa protagonista dell’offensiva contro il coronavirus, allestendo due postazioni per i test nasali all’interno dei propri campus: quella di Bolzano è partita ieri, raccogliendo parecchie adesioni, con qualche (agile) coda durante l’orario della pausa pranzo.
Lugli, il Covid ha stravolto le vite di tutti. Come ha cambiato il mondo accademico, che si nutre di scambi?
«Anzitutto, imponendo lo stop alle lezioni in presenza. A marzo, abbiamo “switchato” tutte le attività in presenza in attività online. Siamo partiti sfruttando la piattaforma Teams, suggerita dalla Conferenza italiana dei rettori. Complice un settore informatico e tecnico molto efficiente, siamo riusciti a farlo in fretta, nell’arco di due settimane. Da quel momento, abbiamo seguito le riaperture e chiusure nazionali e locali. Anche l’open day di presentazione della nostra facoltà è stato online: per altro, molto seguito».
Fino ad allora non si usavano piattaforme digitali?
«Sì, ma si trattava più che altro di registrare delle lezioni e fornirle agli studenti sotto forma di video. Il passaggio a lezioni interattive è stato d’impatto».
È destinato a restare transitorio?
«Non direi. Uno degli interventi più importanti, durante l’estate, e quindi durante la pausa tra semestri, abbiamo fatto un importante investimento, attrezzando tutte le aule, di tutti e tre i nostri campus, di microfoni e telecamere ad alta risoluzione. In questo modo, siamo nelle condizioni di poter offrire, automaticamente, una didattica ibrida nel modo migliore e più flessibile possibile».
Cosa significa “didattica ibrida”?
«Che c’è un professore in aula, che tiene la lezione, alla quale gli studenti possono partecipare sia fisicamente, sia da remoto. Ma il nostro obiettivo resta quello di tornare, il prima possibile, in presenza».
Così si amplia la platea di destinatari.
«Vogliamo sfruttare questo grande potenziale, anche per la formazione continua dei lavoratori, portando nuove conoscenze direttamente all’interno dei settori produttivi».
Al momento quanti sono i corsi in presenza?
«Circa la metà di quelli della nostra offerta formativa complessiva. E cioè, tutte le lezioni del primo anno, e tutte quelle che prevedono attività pratiche e di laboratorio. È il caso, per esempio, degli atelier della facoltà di Design, delle attività della facoltà di Scienze della formazione di Bressanone o di quelle di Scienze e tecnologie».
Quindi sono in presenza la metà degli studenti?
«In linea ipotetica. Ma in pratica vi partecipa la metà degli aventi diritto, e quindi un quarto dei 4.400 iscritti . Il che è dovuto al fatto che in Italia ci sono ancora zone rosse, e all’estero ci sono Paesi che hanno imposto lockdown ancora più rigidi. Qualcuno non può spostarsi, qualcuno non vuole, in attesa di garanzie di maggiore continuità».
La comunità universitaria si è impoverita, numericamente?
«In tanti, specie tra i laureandi dell’ultimo anno, hanno rinunciato al posto negli studentati. Fronte sul quale c’è stato un confronto serrato tra studenti e assessorato: chi rinunciava al posto ottenuto quest’anno, perdeva la priorità per il prossimo; e al tempo stesso, non c’erano garanzie sulle lezioni in presenza».
Parliamo di campagna vaccinale. In quanti hanno aderito?
«Tra il 70 e l’80% del personale, sia amministrativo che docente. Nei campus, abbiamo già adottato altissimi standard di sicurezza, che ora potenzieremo ulteriormente grazie ai test nasali, offerti anche ai nostri studenti».
L’eredità positiva «Abbiamo attivato la didattica ibrida: lezioni interattive, sia in presenza che online»