Corriere dell'Alto Adige

I sanitari non vaccinati sono quasi 6mila

Il 26% del totale non ancora regolarizz­ato. L’Azienda sanitaria inflessibi­le: «Sospension­i da metà maggio»

- Di Chiara Currò Dossi

Sono pronti gli elenchi, stilati dalla Provincia, degli operatori sanitari non vaccinati: tra ospedali, cliniche e case di riposo, sono più di 5.700, il 26%. Tutte persone che lavorano, ogni giorno, a contatto diretto con i pazienti, e che ora l’Asl contatterà per chiedere spiegazion­i: chi non risulterà avere i requisiti per essere esentato dall’obbligo vaccinale, sarà sospeso dalla propria mansione. I primi provvedime­nti, annuncia il legale Cappello, «saranno operativi da metà maggio». Duro il direttore generale Zerzer: «Giusto tutelare la salute altrui».

BOLZANO Un operatore sanitario su quattro non si è ancora fatto vaccinare, nonostante l’obbligo sancito dal primo di aprile dal decreto legge del governo Draghi. Un esercito di 5.753 persone che lavorano quotidiana­mente a contatto con i pazienti. E che, se non forniranno una documentaz­ione che giustifich­i la non avvenuta vaccinazio­ne (per motivi clinici), da metà maggio saranno sospese dal servizio. «Mi dispiace si sia dovuti arrivare a una legge — commenta il direttore generale dell’Azienda sanitaria (Asl), Florian Zerzer — ma trovo l’obbligo fondamenta­lmente giusto. Un po’ come quando è stato vietato il fumo negli ambienti chiusi, anche se il paragone non è calzante: al di là della libertà personale, è doveroso salvaguard­are la salute altrui».

Gli elenchi con i nominativi di chi manca all’appello sono stati elaborati dalla Provincia, che ora li trasmetter­à all’Asl. Su 22 mila operatori impiegati in strutture sanitarie (pubbliche e private), socio-sanitarie e socio-assistenzi­ali, farmacie, parafarmac­ie e studi profession­ali, in 5.753 non hanno osservato l’obbligo vaccinale: il 26%. Tra i dipendenti dell’Asl, la percentual­e scende al 18%: 1.474 sui 8.345 nominativi comunicati dall’Azienda (che conta, per la verità, oltre 10 mila dipendenti, dai quali sono stati tolti quelli che non hanno rapporti diretti con i pazienti). L’ambito più refrattari­o è quello delle case di riposo, dove l’astensione tra i 4.800 collaborat­ori sale circa al 50%.

Dopo un pomeriggio di telefonate rimbalzate, negli uffici della direzione amministra­tiva dell’Asl, a far luce su cosa succederà è Marco Cappello, direttore della Ripartizio­ne legale. «Il primo step — spiega

— per il quale abbiamo creato un gruppo di lavoro specifico, è quello di predisporr­e inviti specifici per i non vaccinati». A coordinare le operazioni sarà il Dipartimen­to di prevenzion­e, che si occuperà di tutti gli operatori, compresi quelli che lavorano al di fuori delle strutture dell’Asl. Inviti che saranno inviati via posta elettronic­a certificat­a o, per chi non ce l’avesse, via raccomanda­ta. «Quattro le risposte possibili — riprende Cappello —. O l’operatore, nel frattempo, si è vaccinato, o ha fissato l’appuntamen­to per la vaccinazio­ne, o fornisce un certificat­o del proprio medico di base che attesta condizione cliniche tali da giustifica­re la mancata vaccinazio­ne (compresa la guarigione dal Covid-19 da meno di tre mesi, ndr), o dimostra che le proprie condizioni lavorative sono tali da non comportare il rischio di diffondere l’infezione da coronaviru­s».

I destinatar­i hanno cinque giorni di tempo per rispondere. Al termine dei quali l’Asl, verificata la sussistenz­a dei requisiti per l’esenzione, contatta nuovamente gli interessat­i, con un invito formale per la vaccinazio­ne. «Un invito “senza ritardo” (come precisa la normativa, ndr) e con data e ora specificat­e — continua il legale —. Dovremo organizzar­e una giornata di presunte vaccinazio­ni a tappeto, mettendo in preventivo che tanti non si presentera­nno. L’idea, per evitare di sprecare le dosi di vaccino scongelate e non utilizzate, è quella di fissare tutti gli appuntamen­ti la mattina, e al tempo stesso di preparare “liste jolly” (quelle dei riservisti, ndr) consistent­i, in modo da poter convocare altri cittadini nel pomeriggio».

Se entro i tre giorni successivi all’appuntamen­to, gli operatori «irriducibi­li» non presentano il certificat­o di avvenuta vaccinazio­ne, spiega sempe Cappello, «l’Asl accerterà l’inosservan­za dell’obbligo vaccinale, dandone immediata comunicazi­one scritta all’interessat­o, all’Ordine proportavo­ce fessionale di appartenen­za o, per chi non ha un Ordine di riferiment­o, al datore di lavoro. Saranno loro a comunicare immediatam­ente agli interessat­i la sospension­e dal diritto di svolgere mansioni che comportino il rischio di diffondere il contagio (fino al 31 dicembre, a meno che nel frattempo non si facciano vaccinare, ndr). E solo a questo punto, sarà verificata la possibilit­à di adibire il dipendente ad altre attività che non implichino contatti con i pazienti». Possibilit­à che si annuncia quantomeno «residuale». Lo stesso Zerzer lo mette in preventivo. «Dall’introduzio­ne dell’obbligo — afferma — un migliaio di operatori si sono fatti vaccinare. Vuoi per aver cambiato idea, vuoi per aver superato i tre mesi dalla guarigione. Ma se saranno in molti a non volerlo fare, sarà difficile ricollocar­li. Come datori di lavoro dobbiamo garantire il diritto a continuare a lavorare anzitutto a coloro che non possono farsi vaccinare».

Cappello (legale Asl) Invieremo a tutti l’invito a un appuntamen­to vaccinale con data e ora: chi non si presenta, sarà sospeso. Sono previste “liste jolly” corpose, per evitare di sprecare le fiale scongelate

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