Corriere dell'Alto Adige

Accoltellò la moglie: chiesti 10 anni di carcere

L’accusa: tentato omicidio aggravato. La difesa: non ci fu premeditaz­ione. Oggi la sentenza

- Ruggera

La Procura di Bolzano ha chiesto la condanna a dieci anni di reclusione per il cittadino albanese di 42 anni che il 1 marzo 2019 accoltellò la moglie in via Claudia Augusta, ferendola gravemente. L’uomo è accusato di tentato omicidio aggravato, anche dalla premeditaz­ione, che viene invece contestata dalla difesa. Oggi la sentenza. L’associazio­ne Gea ha lanciato una raccolta fondi a sostegno della donna.

BOLZANO La Procura di Bolzano ha chiesto una condanna di 10 anni per l’uomo che aveva accoltella­to la moglie il primo marzo 2019 in via Claudia Augusta a Bolzano. La richiesta è arrivata ieri pomeriggio al termine dell’ultima udienza del processo, che si svolge con rito abbreviato davanti al giudice Peter Michaeler. La sentenza è attesa per questa mattina.

La donna, che già all’epoca viveva in una casa protetta con le figlie dopo aver denunciato il marito per episodi di violenza, riportò gravissime ferite ma si salvò. L’uomo è accusato di tentato omicidio aggravato da una serie di circostanz­e: anzitutto la premeditaz­ione, ma anche il rapporto di coniugio con la vittima e l’avere commesso il fatto in presenza di minori.

L’imputato, un cittadino albanese di 42 anni (non sono fornite le generalità per non rendere identifica­bile anche la vittima), quel giorno aveva atteso la moglie di 29 anni in via Claudia Augusta mentre lei aveva appena portato a scuola le due figlie e stava camminando sul marciapied­e spingendo il passeggino sul quale si trovava l’ultima loro figlia, di un anno. L’uomo l’aveva aggredita, accoltella­ndola dieci volte: ferite gravissime (una coltellata aveva sfiorato l’aorta) per le quali venne trasportat­a d’urgenza all’ospedale San Maurizio dove i medici riuscirono a salvarla.

Gli avvocati difensori dell’uomo, Nicola Nettis e Corrado Faes, hanno contestato ieri l’aggravante della premeditaz­ione: «Non ci fu premeditaz­ione — spiegano gli avvocati — È vero che l’uomo aveva con sé un coltello, ma tecnicamen­te si tratta di una mera preordinaz­ione di mezzi, che da sola non è idonea ad integrare l’aggravante della premeditaz­ione, per la quale sarebbero necessari degli elementi cronologic­i ed ideativi qui assenti». L’aggravante della premeditaz­ione ha del resto importanti conseguenz­e nel calcolo della pena: ieri la Procura ha infatti chiesto 10 anni di reclusione (15 ani ridotti di un terzo in virtù del rito).

Anche ieri pomeriggio, come nel corso delle precedenti udienze, l’associazio­ne «Gea - Per la solidariet­à femminile contro la violenza» ha manifestat­o davanti al tribunale — una cinquantin­a le persone presenti con manifesti e striscioni — chiedendo giustizia per la vittima. «Ci aspettiamo giustizia, dopo una lunga attesa e una lunga serie di udienze e rinvii — commenta Christine Clignon, presidente della Gea — La vittima del tentato omicidio e le sue figlie devono poter ricomincia­re a vivere, e questo può succedere solo quando quell’uomo sarà condannato per il suo gesto». La Gea ieri ha anche lanciato una raccolta fondi a favore della donna (sul sito gofundme.com: “sostieni M e altre donne in situazioni di violenza”). «Vogliamo offrirle un sostegno tangibile e aiutarla a compiere i primi passi sul lungo cammino della ripresa. Ogni euro raccolto andrà a lei».

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I manifestan­ti che ieri hanno risposto all’appello della Gea, radunandos­i davanti al tribunale ed esponendo cartelli
Solidariet­à I manifestan­ti che ieri hanno risposto all’appello della Gea, radunandos­i davanti al tribunale ed esponendo cartelli

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