Corriere dell'Alto Adige

«Pietrostef­ani non era un duro Gli arresti? Utili a Macron»

L’ex parlamenta­re: «Verità nascoste sugli anni Settanta? Leggende»

- Di Simone Casalini

«Gli arresti degli ex brigatisti? Un trionfalis­mo eccessivo» dice Marco Boato.

Marco Boato, ex parlamenta­re e tra i leader di Lotta continua, un pezzo di storia del terrorismo e dell’estremismo di sinistra è ritornato in primo piano con i 7 arresti di Parigi a cui si sono aggiunti ieri Bergamin e Ventura (solo Di Marzio è in fuga). Si chiude per sempre una pagina di storia?

«A mio parere, il presidente Mitterrand, ma dopo di lui anche Chirac, Sarkozy e Hollande, quindi sia di sinistra che di destra, hanno avuto il merito storico di offrire un contributo per disinnesca­re la spirale del terrorismo in Italia. Nessuno di coloro che, a centinaia, si sono rifugiati in Francia ha più coltivato l’ideologia e la pratica folle della lotta armata. E nessuno di loro ha più compiuto reati. Quella tragica pagina di storia, fortunatam­ente, è già chiusa da molti anni. L’annuncio trionfale degli arresti ha solo riaperto un dibattito che si era già ripetuto innumerevo­li volte, ormai con ruoli stereotipa­ti».

Dal Pd a Fratelli d’Italia la soddisfazi­one per l’arresto dei riparati d’Oltralpe è stata bipartisan. Lei ha militato in Lotta continua e non ha mai condiviso la violenza, ma come giudica questa svolta?

«Per decenni, nel corso della mia ormai lunga vita, ho combattuto la strategia della tensione e delle stragi e ogni forma di terrorismo, sia di destra che di sinistra, talora anche con qualche rischio personale.

Ma non ho condiviso il trionfalis­mo quasi generalizz­ato che ha accolto questa notizia. Visto il comportame­nto dei presidenti francesi nei decenni precedenti — e nessuno penso possa ritenere che siano stati compiacent­i nei confronti del terrorismo — temo che questa “svolta” sia dovuta soprattutt­o al timore del presidente Macron, in vista delle elezioni dell’anno prossimo, di perdere voti sul versante della destra di Marine Le Pen».

Facciamo un passo indietro: ci ricostruis­ce il clima di quegli anni Settanta quando nacquero le diverse sigle brigatiste e i gruppi politici extra-parlamenta­ri come Lotta continua?

«Lotta continua, e altre formazioni della nuova sinistra di allora, nacquero verso la fine degli anni ’60, in diretto rapporto con i movimenti studentesc­hi e operai del “biennio rosso” ’68-’69. Contro questi movimenti si scatenò la strategia della tensione e delle stragi, a partire da Piazza Fontana il 12 dicembre 1969 a Milano e con diversi tentativi golpisti nella prima metà degli anni ’70. Al terrorismo di destra, anche con complicità istituzion­ali negli apparati dello Stato, cominciò purtroppo a contrappor­si anche un terrorismo di sinistra, illudendos­i di potersi sostituire alla forza dei movimenti con la lotta armata. Bisogna tuttavia non ridurre gli anni ’70 solo al terrorismo nelle sue diverse matrici. Sull’onda dei movimenti collettivi e anche del forte movimento femminista, negli anni ’70 e oltre si ottennero sul piano politico-istituzion­ale molte conquiste per i diritti civili».

Uno degli arresti di spicco è quello di Giorgio Pietrostef­ani, 77 anni, condannato per l’omicidio del commissari­o Calabresi. Aveva fama di duro in Lotta continua.

«Giorgio Pietrostef­ani, insieme ad Adriano Sofri, è stato condannato come mandante dell’omicidio di Calabresi. Ma entrambi si sono sempre proclamati innocenti e hanno seguito tutti gli otto processi. Alla fine, nel processo di revisione, è prevalsa la condanna, e solo allora, nel 2000, Pietrostef­ani è andato a Parigi, dove aveva una figlia molto piccola. Voglio sfatare l’immagine di “duro” che è prevalsa su di lui. “Duro” era, se così si può dire, il suo carattere: determinat­o e deciso, totalmente dedito alla causa, finché Lotta continua non si è sciolta alla fine del 1976 nel Congresso di Rimini. Ma “duro” non significa “estremista”: il suo punto di riferiment­o era sempre stata la classe operaia. E, paradossal­mente, finito l’impegno politico, è diventato un dirigente industrial­e di grande valore».

Un ricordo personale?

«Una riunione degli esponenti di tutta la sinistra extraparla­mentare, l’11 dicembre 1971 a Milano, in vista di una grande manifestaz­ione del giorno dopo, secondo anniversar­io della strage di Piazza Fontana. Ebbene, in quella riunione Pietrostef­ani è stato non duro, ma durissimo nel respingere le intenzioni di un altro gruppo di voler innescare una sorta di guerriglia di piazza il giorno dopo. La posizione di Pietrostef­ani alla fine prevalse, e il giorno dopo la manifestaz­ione si fece senza alcun incidente».

Rispondend­o alle domande sull’omicidio Calabresi, Pietrostef­ani disse che «la verità storica non esiste». Il figlio del commissari­o Calabresi, Mario, ha invece affermato che nel caso di suo padre «verità storica e giudiziari­a coincidono». Chi ha ragione?

«È un’affermazio­ne che Pietrostef­ani avrebbe fatto in un incontro personale che Mario Calabresi gli chiese nel 2019 a Parigi. A mio parere, con rispetto per entrambi, non è vero né che “la verità storica non esiste”, e neppure che “verità storica e giudiziari­a coincidono”. Nel caso della morte di Pinelli, precipitat­o dal quarto piano della questura di Milano, la verità storica è opposta rispetto a quella giudiziari­a. E negli ultimi anni si è saputo che in quel piano si erano stanziati molti uomini degli “Affari riservati” del Ministero dell’interno, che guidavano segretamen­te le indagini, cosa che non è mai stata rivelata dagli uomini dell’ufficio politico della questura di Milano e mai indagata purtroppo dalla magistratu­ra».

Sempre il figlio di Calabresi ha dichiarato al Corriere che lui sarebbe favorevole un gesto di clemenza in cambio della restituzio­ne di pezzi di verità da parte delle persone arrestate. Cosa manca ancora oggi per una ricostruzi­one precisa della verità storica?

«Sulle vicende che riguardano gli arrestati ormai si conosce tutto ed è una leggenda metropolit­ana richiedere altra verità. Sono stati del resto tutti e tutte condannati con sentenze definitive. Anche sulle stragi e sul terrorismo di destra si conosce ormai quasi tutto, salvo che è ancora in corso l’ultimo processo sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980».

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Lotta continua Marco Boato è stato tra i leader del ‘68 trentino e i fondatori di Lc. E poi 30 anni parlamenta­re

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