Capua e il coraggio dell’equità «È la chiave contro le pandemie»
Le proposte della virologa per la sanità. E Ricciardi chiama i privati alla responsabilità sociale
I ragazzi? Più svegli delle generazioni che li hanno preceduti. I vaccini? Bisogna eliminare la dipendenza dalla catena del freddo. Un piano pandemico europeo? Sarà efficace solo se chi governa i diversi Paesi sarà in grado di ascoltare gli scienziati. Non si è risparmiata Ilaria Capua, virologa italiana di fama internazionale, tra gli ospiti più attesi (seppure in videocollegamento) di questa edizione del Festival dell’Economia.
Protagonista dell’appuntamento «Agenda per la salute» — che ha visto anche la partecipazione del consulente del ministro Roberto Speranza, Walter Ricciardi, della rettrice della scuola superiore Sant’Anna di Pisa, Sabina Nuti, e dell’amministratore delegato (ad) di Intesa Sanpaolo Rbm Salute Marco Vecchietti dopo l’introduzione di Gilberto Turati, docente di Scienza delle Finanze all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma — coordinato dalla giornalista del Corriere della Sera Paola Pica, Capua non ha risparmiato osservazioni pungenti in ogni ambito. Prima su tutti la questione vaccinale, già proiettata al futuro che, affermano gli scienziati, vedrà l’arrivo di altre pandemie.
«Ho due certezze. La prima è che ci sarà un’altra pandemia nel corso dei prossimi vent’anni — ha affermato la virologa —. E la seconda è che, di sicuro, non possiamo permetterci di affrontarla come abbiamo affrontato questa». Un giudizio severo che dà il via a una visione più ampia. «La pandemia — prosegue — ha tracciato un solco: c’è un prima e c’è un dopo. La resilienza non è una parola casuale, ma una precisa modalità di comportamento. Dobbiamo avere coraggio di investire oggi su quello che ci potrà salvare in futuro. I vaccini di nuova generazione sono l’unica strada. Come è possibile che ancora oggi i vaccini debbano seguire una catena del freddo che in alcuni casi cosa quasi quanto la produzione del vaccino stesso? Vaccini conservabili a temperature ambiente che possono essere spediti a tutti gli angoli della terra, utilizzabili non solo per le malattie dell’uomo ma anche per quelle degli animali che tramite spillover arrivano all’uomo: ecco la soluzione. Uno dei principali obiettivi è l’equità sanitaria, sociale ed ecologica. Ma per ottenerla serve coraggio».
Un coraggio necessario da molti punti di vista. Primo su tutti il coraggio di analizzare con freddezza quanto è accaduto e sta ancora accadendo in molta parte del mondo in termini di risposta sociale e politica alla diffusione del virus. «Credo nella forza creativa dell’Europa — rilancia —, ma serve che le strutture sovranazionali possano avere la responsabilità e la potenzialità di intervenire. Piani pandemici ne sono stati fatti anche negli anni scorsi, ma nessuno aveva previsto che i primi a negare la necessità di intervenire sarebbero stati proprio i primi ministri di alcune delle principali democrazie mondiali. Come è possibile gestire un’emergenza sanitaria mondiale se proprio coloro che dovrebbero rivolgersi ai cittadini sono quelli che ignorano o contestano le parole degli scienziati?».
Parole, quelle di Capua, che riportano alla mente episodi vecchi e nuovi che si sono inanellati in Italia così come in America e Inghilterra. Gli investimenti nella prevenzione, nella formazione, nello sviluppo di enti sovranazionali capaci di rispondere alle sfide che verranno necessitano però di una base economica che ragioni su cifre diverse da quelle attuali.
«L’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) riceve gli stessi finanziamenti
dell’Ospedale di Toronto — ha ricordato Walter Ricciardi —. Servono nuovi finanziamenti ma l’idea di ricentralizzare tutto è impraticabile: serve che i privati giochino la loro parte».
In tutto questo permane una speranza per il futuro: la risposta dei più giovani all’apertura delle vaccinazioni senza limiti di età (per i maggiorenni), che in molte città d’Italia si sono accalcati per ricevere la propria dose. «I ragazzi hanno un’educazione e quindi spesso una comprensione del reale maggiore di quella delle generazioni precedenti — ha osservato Capua —. Ciò fa sì che vogliano vaccinarsi per proteggere se stessi, le proprie famiglie e i propri amici. Com’è naturale i ragazzi vogliono incontrarsi tra coetanei e questo vaccino li potrà difendere, evitando che portino in casa il contagio».