ARNO, LA RICETTA «SOSTENIBILITÀ» PER IL SUDTIROLO
Nella sua relazione allo Studio teologico di Bressanone, Arno Kompatscher ha puntato sulla sostenibilità come chiave.
L’Arno, per gli italiani, è il fiume che attraversa Firenze. Per gli Altoatesini è invece il nostro governatore, ospite lo scorso venerdì dello Studio Teologico di Bressanone per parlare di sostenibilità. Riferendosi ai 17 obiettivi che l’Agenda 2030 dell’Onu mira a raggiungere entro il prossimo decennio, ha spiegato che l’Europa punta a divenire climaticamente neutrale entro il 2050, l’Alto Adige già entro il 2030. Ha quindi elencato sei priorità fissate dal governo provinciale per raggiungere tale fine: riduzione dell’effetto serra (che nell’arco alpino ha già fatto aumentare di 2° la temperatura media), dichiarazione dei reali costi ecologici, ad esempio in materia di trasporti, sicurezza sociale e parità di chance, tutela degli ambienti naturali e della biodiversità, trasparenza e giustizia nei processi decisionali ed amministrativi, servizi pubblici di alta qualità. In merito a quest’ultimo punto, ha raccontato che un Ministro in visita qualche tempo fa, notando le strade molto pulite, aveva osservato che di sicuro venivano impiegati più netturbini che altrove. Al che il Nostro aveva risposto che in realtà qui si pulisce di meno perché si butta di meno. Nella sua relazione il presidente ha ricordato il problema del traffico (l’ A22 comporta ben il 70% della circolazione totale), causato anche da 2/3 di spostamenti in auto effettuati da una singola persona per veicolo. In un passaggio significativo ha poi affermato con vigore che voler eliminare i nomi italiani inventati dal fascismo, rappresenterebbe paradossalmente a sua volta un atto di stampo fascista. Ha riscosso molto consenso quando ha affermato che la giunta provinciale intende promuovere le filiere produttive e commerciali locali, il che ovviamente non spiega imprese ciclopiche come il monumentale centro commerciale che il magnate Benko sta costruendo nel cuore di Bolzano. Ha anche perorato la bontà della burocrazia, che consente di svolgere procedimenti equi e precisi. Il problema sta tuttavia nel burocratismo che — come ogni altro –ismo — infetta quella che sarebbe una funzione vitale della società. In un testo che sta scrivendo alla Svp ma anche a se stesso, confessa che la sua visione dell’uomo ha molto sofferto nella pandemia. Ha dovuto ancora una volta riconoscere che siamo degli inguaribili egoisti e che stiamo vivendo sulle spalle dei nostri figli, di cui consumiamo risorse vitali. Ciò richiede di imporre limiti intelligenti allo sviluppo, riformare le istituzioni e coscientizzare le persone. Citando un immaginario colloquio tra due pianeti, metteva in bocca alla Terra la triste ammissione: «Sono malata: soffro di Homo sapiens». Al che un altro pianeta le avrebbe risposto laconico: «Non temere, passa presto: si elimina da solo!».
Alla mia osservazione circa i tagli alla cultura, ha risposto che il buono per l’acquisto di libri nelle scuole provoca più dispendio di energie che risultati positivi. Molti docenti non sono tuttavia dello stesso avviso. Ha glissato invece sulla mia domanda che ribadiva l’opzione per la difesa degli ambienti naturali e della biodiversità. All’interrogativo sul perché si abbattano tanti edifici storici, per realizzare degli scatoloni brutti e senza anima, ha preferito non dare risposta. Si è limitato alla fine della lunga conferenza a citare il noto comico germanico Karl Valentin: «Oggi viviamo in quelli che saranno i ‘bei vecchi tempi’ di domani». Non possiamo però cercare di migliorarli questi «bei vecchi tempi» attuali, per non lasciare ai nostri posteri un Alto Adige depauperato soprattutto dal punto di vista paesaggistico e culturale?