MENO STUDENTI, PIÙ PROF
Mentre va a terminare l’anno scolastico, già ci si prepara ad avviare il prossimo, l’anno 2021-2022. Che oltre ai problemi organizzativi di sempre presenterà una novità. Una novità che non sarà né burocratica né legislativa, ma più semplicemente demografica. Perché sarà un anno dimagrito, e dimagriti saranno ancor di più gli anni scolastici che seguiranno. Come ha detto recentemente il ministro dell’istruzione Bianchi, nei prossimi dieci anni avremo un milione e 400.000 studenti in meno. Ma già a settembre, all’avvio dell’anno scolastico, saranno circa 100mila gli studenti in meno rispetto all’anno prima. Storicamente il massimo venne raggiunto alla metà degli anni Sessanta con quasi 9 milioni di studenti, cifra mai più raggiunta: erano gli anni delle culle piene e della demografia generosa, come sappiamo. Poi, con gli anni Settanta, un declino che non si è più fermato. La cura dimagrante delle nostre scuole, molto semplicemente, è il frutto (avvelenato) della denatalità degli ultimi lustri, denatalità che si è ora trasformata in «degiovanimento» investendo la scuola e tra breve, in successione, anche il mondo del lavoro. Una denatalità che per forza di cose svuota la scuola, come confermano i numeri della Fondazione Agnelli. Che partono da tre considerazioni di scenario: stanno diminuendo le madri potenziali, cala la propensione a fare figli, le immigrazioni sono sempre più deboli.
Risultato: le scuole — soprattutto quelle primarie — si svuoteranno sensibilmente. In Veneto, ad esempio, la scuola dell’infanzia perderà l’11% dei bambini, la primaria il 18, la secondaria il 16 mentre le superiori si limiteranno a ridurre i propri studenti del solo due per cento (l’onda demografica vi arriverà dopo). In tutto circa 3.300 tra classi e sezioni cancellate. Nelle altre regioni del Nordest i numeri sono simili, con l’eccezione (simbolica) del Trentino che vede crescere dell’1 per cento gli iscritti alla scuola dell’infanzia, segno di una natalità (soprattutto a Bolzano) ancora vitale.
Calcola la Fondazione Agnelli che tutto questo maremoto demografico dovrebbe comportare la perdita di oltre 55 mila posti o cattedre tra dieci anni, oltre che un invecchiamento del corpo docente. Ma non è detto che andrà proprio così, perché nelle intenzioni del ministro Bianchi il numero degli insegnanti non sarà legato proporzionalmente a quello degli studenti; per il ministro, il futuro della scuola sarà infatti di classi con numeri di studenti ridotti, ma con più tempo in aula, quindi con più corsi e con più docenti. Insomma una scuola con molti meno studenti — e questo è demograficamente sicuro — ma non con meno personale. Insomma una scuola che dovrebbe approfittare del dimagrimento per crescere in qualità formativa. Questa, almeno, l’intenzione del governo.